dipaulus86


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 Jules Winnfield...
Interpretato da Samuel L.Jackson
Dì ’cosa’ un altra volta...

Brett: Ascolta, mi dispiace, io non ho capito il tuo nome, ho capito il tuo, Vincent, ma non ho capito il tuo
Jules: Mi chiamo Jerda e non e’ con le chiacchere che uscirai da questa merda
Brett: Voglio solo quanto ci dispiace che le cose siano andate a puttane tra noi e il signor Wallace, noi ci siamo messi in questo affare con le migliori intenzioni, davvero..
Jules: (sparando al ragazzo sdraiato sul divano)oh, scusami, ho spezzato la tua concentrazione..non volevo farlo.. per favore, continua..dicevi qualcosa a proposito.. delle migliori intenzioni..
Jules: ma che ti prende.. avevi finito?.. interessante, ma non mi hai convinto, sai?..Di’ un po’, Marcellus Wallace che aspetto ha?
Brett: Cosa?
Jules: (rivoltando il tavolo) da che paese vieni?
Brett: cosa?
Jules: cosa e’ un paese che non ho mai sentito nominare.. li’ parlano la mia lingua?..
Brett: cosa?
Jules: la mia lingua,figlio di puttana, tu la sai parlare?
Brett: siii siii
Jules: allora capisci quello che dico..
Brett: siiii si si
Jules: descrivimi percio’ Marcellus Wallace, che aspetto ha
Brett: cosa?
Jules: di cosa un altra volta, di cosa un altra volta, ti sfido, 2 volte, ti sfido, figlio di puttana, di cosa un altra maledettissima volta
Brett: e’ nero...
Jules: vai avanti
Brett: e’ senza capelli..
Jules: secondo te sembra una puttana?
Brett: cosa?
Jules: (facendo fuoco sulla spalla del ragazzo)Secondo te...lui...ha l’aspetto d’una puttana?
Brett: nooooo
Jules: perche’ allora hai cercato di fotterlo come una puttana
Brett: non l’ho fatto..
Jules: si tu l’hai fatto...si tu l’hai fatto, brett, hai cercato di fotterlo, ma a Marcellus Wallace non piace farsi fottere da anima viva tranne che dalla signora Wallace... leggi la Bibbia Brett?
Brett: si
Jules: e allora ascolta questo passo che conosco a memoria, e’ perfetto per l’occasione: Ezechiele 25:17...Il cammino dell’uomo timorato e’minacciato da ogni parte dalle iniquita’ degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carita’ e della buona volonta’ conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre perche’ egli e’ in verita’ il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calera’ sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno, su coloro che proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome e’ quello del Signore quandofaro’ calare la mia vendetta sopra di te...(molteplici colpi di pistola



Al Diavolo la Champions

Dopo 120 minuti di equilibrio, la lotteria dei rigori: Dida ne para tre, Buffon due. La Coppa al Milan, che ha giocato meglio
Epilogo teso per la Champions League 2002-3: dopo una finale infinita, sono i rigori a decidere che è il Milan la squadra più forte d’Europa. È anche la squadra che, questa finale, ha più meritato di vincerla: pressing, gioco, fantasia e determinazione in dosi maggiori per gli uomini di Carletto Ancelotti, ufficialmente ex perdente e quarto nome nella storia del calcio a essersi aggiudicato la Coppa sia da giocatore sia da allenatore. Sull’altra sponda, Marcello Lippi si aggiudica invece il poco onorevole titolo di perdente di Coppa: è la terza finale di Champions da cui esce mestamente sconfitto, sempre per errori commessi in prima persona.
Il prologo di questa finale è decisivo per la partita ma non appartiene a quest’incontro, bensì a quello tra Juve e Real: unanime il giudizio intorno alla squalifica di Pavel Nedved, da cui la Juve non può prescindere assolutamente, come si è constatato all’Old Trafford. Lippi prende una clamorosa papera nel goffo tentativo di sostituire il campione ceko: piazza Montero a sinistra, lo sostituisce con un disastroso Tudor al centro della difesa, mentre al posto di Nedved va Camoranesi, inqualificabile per il numero di errori commessi e l’assenza di qualunque traccia di dinamismo. Il Milan è più compatto e si vede da subito che ha azzeccato la partita: Seedorf, Rui Costa e Pirlo sono in palla, i rossoneri praticano un pressing asfissiante, Shevchenko fa quello che vuole sulla fascia destra, trovandosi di fronte un Montero lentissimo e totalmente impreparato nel ruolo di terzino. La Juve spinge soltanto con Zambrotta, entusiasmante, mentre Davids pare l’unico a interpretare la partita per quello che è: una finale di Champions League.
Tre occasioni nitidissime per il Milan nel primo tempo. Soltanto il guardalinee e Buffon negano ai rossoneri uno strameritato vantaggio: prima viene annullato un gol a Shevchenko (decisione discutibile: viene segnalato un fuorigioco passivo a Inzaghi); poi il portierone juventino compie un intervento miracoloso su un colpo di testa a botta sicura di Superpippo, andando a togliere la sfera dall’angolino mentre stava lanciandosi nella direzione opposta; infine Rui Costa e lo stesso Buffon osservano la palla, scagliata con precisione chirurgica dal portoghese, rotolare sul fondo a due centimetri dal palo alla destra del portiere.
Lo strapotere del Milan viene interrotto dalla forza di volontà della Juve che riesce a spostare in avanti il proprio baricentro, anche se le occasioni che produce appaiono casuali e non pericolosissime. Mentre il popolo bianconero invoca la sostituzione di Camoranesi e il ritorno di Montero al centro della difesa, Lippi attende che sia la sfortuna a costringerlo a un simile sacrosanto cambiamento tattico: Tudor si infortuna, entra Birindelli che subentra a Montero sulla fascia sinistra. Conte sostituisce Camoranesi dopo l’intervallo. È il momento più critico per il Milan: una Juve infuriata assedia continuativamente l’area rossonera per almeno cinque minuti, andando a centrare la traversa con uno splendido colpo di testa del vecchio Conte. Ma è un fuoco di paglia. Prevalgono le difese. Nesta sembra la fotocopia del miglior Baresi. Inizia la girandola delle sostituzioni. La Juve perde Davids: è la fine del centrocampo juventino, che perde il controllo e subisce la pressione milanista. Non accade più nulla, si va ai tempi supplementari, col rischio Silver Gol, la regola che ha sostituito il famigerato e raggelante Golden Gol.
Squadre provatissime, al di là del comprensibile. Milan praticamente in dieci: Roque Junior si strappa l’adduttore, resta in campo immobile, Ancelotti ha già effettuato i tre cambi. Ma la Juve non ne approfitta. Trezeguet, latitante per tutto l’incontro, sfiora il patetico, Zalayeta è più lento dell’eloquio di Dino Zoff, mentre Del Piero manca su tutti i fronti e si dimostra una volta di più non determinante nelle grandi occasioni. Il Milan controlla. Palpabile la paura di perdere. L’unico a dannarsi l’anima e i polmoni è Gattuso, davvero gigantesco per tutto il secondo tempo e i supplementari. La deriva dei rigori appare scontata. Ed è così: sono i penalty a decidere il risultato. Il Milan dispone di rigoristi molto migliori rispetto a quelli schierabili dalla Juve: la chiave della sconfitta bianconera è tutta qui. Trezeguet mette la ciliegina sulla torta di letame della sua partita, fallendo il primo rigore: da qui in poi, la Juve sarà costretta a inseguire. È il festival degli errori, più che il trionfo dei portieri: Dida para perché, dopo Trezeguet, sono Zalayeta e Montero a tirargli in bocca; Buffon si supera su Kaladze, Seedorf sbaglia maldestramente. Del Piero, gelido, tiene in corsa la Juve, ma il match ball capita sui piedi del giocatore milanista che più ha fatto tra semifinali e finale per trascinare la sua squadra sul tetto d’Europa: Shevchenko, sguardo allucinato, non si lascia sfuggire l’occasione. Il Milan è campione d’Europa, Maldini alza la Coppa nel cielo di Manchester, tinto di rosso e di nero. Il presidiente nano, inquadrato quelle settecento volte che fanno una tv di regime, impettito se la gode come se avesse vinto le elezioni. 
Forza Milan



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