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Il calcio profession. è pericoloso?
Messaggio del 01-12-2007 alle ore 03:30:03

Da Segato a Signorini, la malattia del pallone
ROMA (30 novembre) - L'anno dopo la morte di Signorini, ormai segnato in maniera irrimediabile dal male, disse: «Lo sport non c'entra». Adriano Lombardi si aggiunge alla lista ormai lunghissima delle vittime del morbo di Gehrig, la terribile patologia degenerativa che colpisce l'apparato muscolare scientificamente conosciuta con l'acronimo di Sla (che sta per Sclerosi laterale amiotrofica) e che prende il nome dall'ex campione di baseball americano Lou Gehrig, morto nel 1941 a soli 38 anni.
La morte di Lombardi segue a distanza di tre anni quella di Lauro Minghelli, ex giocatore di Arezzo, Torino e Pisa, deceduto nel 2004 a soli 31 anni dopo un altro lungo calvario. Del morbo di Gehrig e della sua pericolosità tra gli sportivi, in particolare tra i calciatori, ci si è però accorti tardivamente.
A farlo tristemente balzare all'attenzione delle cronache dei giornali furono le immagini di Gianluca Signorini in lacrime a Marassi sulla sedia, accompagnato dai figli, con tutto lo stadio in piedi ad applaudirlo. L'ex capitano del Genoa combattè a lungo la sua battaglia, ma alla fine anche lui dovette arrendersi nel 2002, il morbo lo stroncò ad appena 42 anni. La sua morte servì però ad aprire un filone di indagine su una malattia troppo a lungo trascurata: l'anno dopo la procura di Torino per iniziativa del pm Raffaele Guariniello avviò un'inchiesta, all'inizio riguardò cinque squadre professionistiche ma poi si allargò a macchia d'olio. L'indagine accertò all'inizio oltre quaranta casi di nominativi di calciatori e tanti altri casi sospetti. Fu così che ci si accorse di casi di anni lontani che erano caduti nel dimenticatoio.
Scartabellando nella lista sempre più fitta delle morti per Sla ci si rese conto così che il primo caso in Italia risaliva addirittura al 1973, anno in cui morì Armando Segato: ex centrocampista di Cagliari, Fiorentina e Udinese, con presenze anche in azzurro. Nel 1980 morì Ernst Ocwirk, ex giocatore austriaco della Samp degli anni Sessanta. Dopo di loro furono in tanti a fare la stessa triste fine. Prima di Lombardi, Minghelli e Signorini, che rimane ancora oggi il simbolo di questa malattia che uccide nel calcio come in nessun altro sport, ci furono i casi di Ubaldo Nanni, dell'ex calciatore sempre del Pisa della fine degli anni '70, e dell'ex difensore dell'Inter, Samp e nazionale Guido Vincenzi.
Tra le morti sospette quella dell'ex milanista Giorgio Rognoni, morto a 40 anni, e di alcuni giocatori della Fiorentina degli anni Settanta. Tra loro Bruno Beatrice, Nello Saltutti, Ugo Ferrante e Giuseppe Longoni: il primo fu stroncato dalla leucemia, il secondo d'infarto, il terzo da un tumore alle tonsille, l'ultimo per uno vasculopatia cardiaca. Per tutti come per altri loro compagni di allora, sopravvissuti a malanni vari (tra loro anche De Sisti, Mattolini, Antognoni e Caso) nel 2005 la procura di Firenze aprì un'inchiesta su richiesta della vedova di Beatrice, ipotizzando a scatenare le malattie in realtà fosse stato l'uso di sostanze dopanti.
Ma, a parte il filone fiorentino, in tutti gli altri casi le dichiarazioni rese hanno sempre tenuto a escludere eventuali collegamenti tra la Sla e l'uso presunto di sostanze illecite. Lo disse ad esempio nel 2001 la stessa vedova di Signorini, quando venne ascoltata dalla Procura torinese. «La malattia di Gianluca - disse allora - è purtroppo soltanto il frutto del destino». Nell'inchiesta finirono anche alcune dichiarazioni del tecnico Giovanni Galeone. «Mi ritengo un miracolato. Con tutti i prodotti che ho assunto a 20 anni devo essere contento di essere vivo».
Tra gli ultimi ancora a escludere collegamenti tra il morbo di Gehrig e il calcio ci fu anche lo stesso Lombardi. «Giocavamo una volta la settimana - disse nel 2003 - e non c'era certo necessità di aiuti di quel tipo. Poi ho giocato 18 campionati e circa 500 partite: vi assicuro che se mi avessero dato anche a mia insaputa medicinali non consentiti, me ne sarei accorto appena messo piede in campo o subito dopo la partita. Questo non è mai avvenuto».

Da Segato a Signorini, la malattia del pallone
ROMA (30 novembre) - L'anno dopo la morte di Signorini, ormai segnato in maniera irrimediabile dal male, disse: «Lo sport non c'entra». Adriano Lombardi si aggiunge alla lista ormai lunghissima delle vittime del morbo di Gehrig, la terribile patologia degenerativa che colpisce l'apparato muscolare scientificamente conosciuta con l'acronimo di Sla (che sta per Sclerosi laterale amiotrofica) e che prende il nome dall'ex campione di baseball americano Lou Gehrig, morto nel 1941 a soli 38 anni.
La morte di Lombardi segue a distanza di tre anni quella di Lauro Minghelli, ex giocatore di Arezzo, Torino e Pisa, deceduto nel 2004 a soli 31 anni dopo un altro lungo calvario. Del morbo di Gehrig e della sua pericolosità tra gli sportivi, in particolare tra i calciatori, ci si è però accorti tardivamente.
A farlo tristemente balzare all'attenzione delle cronache dei giornali furono le immagini di Gianluca Signorini in lacrime a Marassi sulla sedia, accompagnato dai figli, con tutto lo stadio in piedi ad applaudirlo. L'ex capitano del Genoa combattè a lungo la sua battaglia, ma alla fine anche lui dovette arrendersi nel 2002, il morbo lo stroncò ad appena 42 anni. La sua morte servì però ad aprire un filone di indagine su una malattia troppo a lungo trascurata: l'anno dopo la procura di Torino per iniziativa del pm Raffaele Guariniello avviò un'inchiesta, all'inizio riguardò cinque squadre professionistiche ma poi si allargò a macchia d'olio. L'indagine accertò all'inizio oltre quaranta casi di nominativi di calciatori e tanti altri casi sospetti. Fu così che ci si accorse di casi di anni lontani che erano caduti nel dimenticatoio.
Scartabellando nella lista sempre più fitta delle morti per Sla ci si rese conto così che il primo caso in Italia risaliva addirittura al 1973, anno in cui morì Armando Segato: ex centrocampista di Cagliari, Fiorentina e Udinese, con presenze anche in azzurro. Nel 1980 morì Ernst Ocwirk, ex giocatore austriaco della Samp degli anni Sessanta. Dopo di loro furono in tanti a fare la stessa triste fine. Prima di Lombardi, Minghelli e Signorini, che rimane ancora oggi il simbolo di questa malattia che uccide nel calcio come in nessun altro sport, ci furono i casi di Ubaldo Nanni, dell'ex calciatore sempre del Pisa della fine degli anni '70, e dell'ex difensore dell'Inter, Samp e nazionale Guido Vincenzi.
Tra le morti sospette quella dell'ex milanista Giorgio Rognoni, morto a 40 anni, e di alcuni giocatori della Fiorentina degli anni Settanta. Tra loro Bruno Beatrice, Nello Saltutti, Ugo Ferrante e Giuseppe Longoni: il primo fu stroncato dalla leucemia, il secondo d'infarto, il terzo da un tumore alle tonsille, l'ultimo per uno vasculopatia cardiaca. Per tutti come per altri loro compagni di allora, sopravvissuti a malanni vari (tra loro anche De Sisti, Mattolini, Antognoni e Caso) nel 2005 la procura di Firenze aprì un'inchiesta su richiesta della vedova di Beatrice, ipotizzando a scatenare le malattie in realtà fosse stato l'uso di sostanze dopanti.
Ma, a parte il filone fiorentino, in tutti gli altri casi le dichiarazioni rese hanno sempre tenuto a escludere eventuali collegamenti tra la Sla e l'uso presunto di sostanze illecite. Lo disse ad esempio nel 2001 la stessa vedova di Signorini, quando venne ascoltata dalla Procura torinese. «La malattia di Gianluca - disse allora - è purtroppo soltanto il frutto del destino». Nell'inchiesta finirono anche alcune dichiarazioni del tecnico Giovanni Galeone. «Mi ritengo un miracolato. Con tutti i prodotti che ho assunto a 20 anni devo essere contento di essere vivo».
Tra gli ultimi ancora a escludere collegamenti tra il morbo di Gehrig e il calcio ci fu anche lo stesso Lombardi. «Giocavamo una volta la settimana - disse nel 2003 - e non c'era certo necessità di aiuti di quel tipo. Poi ho giocato 18 campionati e circa 500 partite: vi assicuro che se mi avessero dato anche a mia insaputa medicinali non consentiti, me ne sarei accorto appena messo piede in campo o subito dopo la partita. Questo non è mai avvenuto».
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