Messaggio del 10-02-2006 alle ore 17:44:20
...l'acustica ieri sera faceva proprio cagare!!!! Ma dico, com'è possibile che con manifestazioni del genere ci troviamo ancora davanti dei tecnici che rovinano sempre tutto....mah!
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:38:03
cmq sto ascoltando i Bosniaci sarà un bel line up POI I SERIAL KREEPERS massimo rispetto SARA' PUNK DALLA Z ALLA Z!!!
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:32:59
si sarà l'ultima con questo nome HATE CORPORATION ... io spero di non fare male.. ma il suono sarà molto decontestualizzato per la tipologia di partecipanti...hi hi TROPPO PVC, TROPPO SNIFFING GLUE ma sarà da ridere ...hi hi
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:28:43
Briskola... sabbete a sere voglio vederti limonare con Rev! sarò sotto la consolle vestito di latex rosso con gli occhiali scrofoidali.
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:24:56
si fatta eccezione di una frentana che pensavo ormai scomparsa .. come sempre TUTTI assenti..ma è normale sono alternativi ... cmq LA CORPORAZIONE IN MASSA SOTTO LA COSOLLE FARà IL DELIRIO COME SEMPRE Vaselina CONNEKtion very hard , per fortuna i GUERRieri hanno la media minima di spostamento ke si aggira sui 500 km settimanali terrestri , mentre per i viaggi interstellari sono abituati ad andare a 50 anni luce anke da fermi ! hi hi il VRIL è a LANCIANO ...
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:07:41
Baustelle purtroppo ma sai li ascoltavo agli inizi sono legato al Sussidiario ....Molta Tanta troppa Gente.. loro Migliorati dal vivo naturalmente poco performanti (ma è un mio parere) io voglio vedere oltre che sentire.. ma ONESTI .. il resto non è che mi interessava molto ...
Messaggio del 10-02-2006 alle ore 13:04:07
mbeh...ieri sera, com'è andata la pastura sonora? belli? bravi? buoni? com'è andata? Briskola, tu che ci sei andato, dimmi... dimmi... dimmi...
Messaggio del 08-02-2006 alle ore 20:27:33
MASSERE S'AVVIE .... Sabato11 ultima apparizione DELLA CORPORAZIONE (Hate Corporation)1996-2006 dieci anni di electro dottrina..
Messaggio del 29-01-2006 alle ore 12:12:26
Comunque li baustelle hanne rotte li sardelle! E' pastura sonora. Vujautri aveta capì ca lu nocce je Martin Rev.
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 08:51:45
Non è roba per te, Marigold, dai, fai il bravo e non ti immischiare nelle cose dei grandi su...
Briskio è un goano.
E non suona l'electrocore.
Briskio è un goano.
E non balla l'electrocore.
Briskio è un goano.
E gli piace la scena israeliana.
Briskio è un goano.
Ma detesta l'electrocore.
Messaggio del 25-01-2006 alle ore 15:21:37
Cmq ci sarà da smuoversi... hi hi yoshi preparati e fatti mente capace , europa a Pescara.. ogni tanto un pò di civiltà non guasta... MRX se leggi ti renderai conto che non è solo rock !
Messaggio del 17-01-2006 alle ore 12:51:35
un giorno l'elettrostaticità avrà il suo decorso... ------------ Editato da The Marigold il 17/01/2006 alle 13:02:17
Messaggio del 17-01-2006 alle ore 12:40:33
NON DIMENTICHIAMOCI KE AI PIù BRISKIO POTREBBE SEMBRARE UN SEMPLICE TRANSISTOR... ma è un -PUNKSENZALUCE-
hihihihi
Messaggio del 17-01-2006 alle ore 12:35:33
I Suicide vennero alla ribalta a New York durante gli anni caldi della new wave. Il loro sound riusciva a innestare le modulazioni infinite dei minimalisti su una solida base rockabilly. Il canto spettrale pennellava poi un'angoscia metropolitana che era parente stretta di quella dei Velvet Underground.
I Suicide erano un duo composto dal rocker maledetto Alan Vega, che impersonava la tradizione selvaggia del rockabilly rurale, e dal tastierista allucinato Martin Rev, che impersonava la rivoluzione intellettuale della new wave urbana (in realta` Vega erano uno scultore di luci e Rev suonava free jazz).
Esordirono nel 1971, eseguendo blues apocalittici nelle Gallerie d'Arte di Manhattan, e poco a poco si lasciarono contaminare dal clima di auto-distruzione che regnava nell'intellighenzia di Soho.
Suicide (Red Star, 1977) (riedito con inediti nel 1981) e` l'album della rivelazione, e una delle pietre miliari della new wave. I loro brani sono deliri di suicidi volontari nei labirinti metropolitani, sono esercizi di auto-flagellazione che raggiungono un pathos paranoico attraverso una monolitica catalessi esistenziale. L'esiguo ma martellante tessuto sonoro e` trafitto all'improvviso da urla disperate di uomini fantasmi che sorgono da un nulla amorfo e si avvinghiano alle pareti infinite dei grattacieli, gemiti agghiaccianti che si propagano attraverso effetti d'eco, evocando stati allucinati e preannunciando, bisbigli nelle catacombe, la morte dell'umanita`. La loro opera e` un lamento che procede ad impulsi nei silenzi glaciali delle grandi arterie del traffico cittadino: la tenera, maestosa, commovente litania di Cherie, un intreccio di frasi melodiche ossessive e di tintinni delicati, il tribalismo cosmico di Rocket USA, il sincopato maciullante di Ghost Rider, il rockabilly psicotico di Johnny, i gemiti lascivi di Girl, l'incubo industriale di I Remember, l'angosciato funereo requiem di Che. Il canto cadaverico di Vega, fatto anche di lunghi silenzi, di ansimi, di riverberi, e le gelide pulsazioni di Rev si complementano a vicenda producendo atmosfere d'intensita` quasi religiosa. Conteso fra storie "fatali" e arringhe politiche, il loro canzoniere non concede tregua alla condizione umana.
Frankie Teardrop e` l'incubo per eccellenza, sorta di Sister Ray del duemila, vertigine di ritmo indemoniato a picco nella coscienza atrofizzata del sottoproletariato metropolitano, una luminosa e maniacale proiezione dell'ego su uno schermo buio, una sequenza di suoni che passa dai rumori "concreti" del traffico al tornado di echi e cacofonie del finale, una carica di tritolo detonata al ralenti. La recitazione-suspence di Vega, quasi casual eppure tesa e fremente, fra pause infinite, i rumori del traffico sparsi a casaccio, le urla sconnesse e la sequenza finale di echi e cacofonie, lo rende ancor piu` raccapricciante. E' uno dei brani piu` cupi ed angosciosi dell'intera storia del rock.
I Suicide rappresentano un atteggiamento tipico dei salotti intellettuali di Manhattan al volgere del decennio, quell'andare alla deriva in vortici di emozioni represse, di fitte dolorose nascoste sotto un'apparente imperturbabilita`.
Il gruppo impose, prima dei Devo, il modo "devoluto" di interpretare generi "standard", come appunto il rock and roll, tutto in sordina con l'incedere meccanico pneumatico e con la tensione innaturale di un horror-show.
Il singolo Dream Baby Dream/ Radiation (Ze, 1979) diede la misura della metamorfosi in corso, dalla nevrosi catastrofica alla ballata cibernetica, che si completo` sul secondo album.
A partire da Alan Vega Martin Rev (Ze, 1980 - Restless, 1990) il sound declina sul fronte dell'elettro-rock discotecaro: nenie trascendenti (Touch Me), tribalismi (Mr Ray) danze industriali (Dance) sfruttano cinicamente i ritmi metronomici, le tastiere stranianti di Rev e il canto riverberato di Vega per tramutarsi in canzonette (Sweatheart) e disco music (Diamonds, Shadazz).
Su tutto si staglia l'urbanesimo disperato di Harlem, ultimo grande melodramma elettronico del duo, immerso in un'atmosfera selvaggia ed apocalittica che il canto conversazionale di Vega e i ritmi infernali di Rev sventrano in un crescendo di suspence.
Per il recupero della sperimentazione elettronica teautonica, per la poetica della disumanizzazione e per la formula del duo di canto ed elettronica, i Suicide si possono considerare antesignani di diverse tendenze della new new wave a venire.
Nello stesso anno viene pubblicato il primo disco, per sole tastiere, di Martin Rev (Infidelity, 1980), riedito come Marvel (Daft, 1996) con inediti. Tutti i brani sono eseguiti all'insegna della ripetitivita` fluttuante dei minimalisti e si avvalgono del ritmo sintetizzato tipico dei Suicide, ma il sound trascendente di Mari, l'esotismo lussureggiante di Baby O Baby, la musica concreta di 1986 per campane ed effetti vari, sono pallidi riflessi della nevrosi urbana di un tempo. Gli spunti piu` originali si trovano nella disco music mantrica di Temptations, nella musica cosmico-industriale di Jomo e nel rockabilly cacofonico di Asia fra vortici elettronici e ritmi metallurgici.
Ancor piu` ambigue saranno le ballate atmosferiche di Clouds Of Glory (New Rose, 1985).
Lo sciamano elettronico Alan Vega ha, di fatto, continuato da solo l'elettro-rockabilly di consumo arrangiato in maniera spettrale dei Suicide.
Il primo hit fu Jukebox Baby, tratto da Alan Vega (Ze, 1980), con la caratteristica scansione gelida e singhiozzante del canto, con la robotica e febbricitante cadenza rockabilly, con i toni metallici della chitarra, lievemente riverberati quasi come nel reggae. Questo sarebbe rimasto il suo stile. Vega, come tutti gli "autori" che si rispettino, ha un suo linguaggio espressivo, che plasma di volta in volta a contenuti diversi. E il suo linguaggio rimarra` questo rockabilly futurista e decadente.
Sullo stesso album le interpretazioni smaliziate e gli arrangiamenti surreali di altri due rockabilly, Kung Foo Cowboy e Fireball, nonche' il bluegrass epilettico di Speedway (praticamente un'anteprima dei Gun Club), coronano la sua ricerca di una voce personale. Vega e` un cantautore come Bob Dylan e Neil Young, ma ha bisogno di affidare le sue storie maledette alla nevrastenia del ritmo.
Il lugubre rhythm and blues di Love Cry, a passo di funerale, con il pianoforte e la chitarra che emettono accordi disadorni, e soprattutto il monumentale, terrificante blues di piantagione di Bye Bye Bayou, a ritmo di locomotiva, esaltano il fascino maliardo e pessimista del suo personale revival in chiave futurista.
Il programma di Vega e` la naturale continuazione del progetto Suicide, senza il sottofondo apocalittico dell'elettronica di Rev, ma con la stessa enfasi de-umanizzante e lo stesso genio malato per de-costruire il rock and roll.
Collision Drive (Celluloid, 1982) comincia con un altro classico del suo rockabilly demoniaco, Magdalena 82, un nuovo spaccato di angoscia cadaverica a ritmo infernale. Raver, Rebel Rocker e soprattutto l'heavy metal "sudista" di Outlaw, in chiave ZZ Top,
La sua voce, di vaga ascendenza "Reed-iana" per il freddo, annoiato e metallico incedere (nonchalance piu` cinismo), si impose come una delle piu` caratteristiche degli anni '80, un canto psicotico che accoppiava una flemma ipnotizzante a raffiche corrosive di disperazione in performance psicologiche d'alta classe. Vega si sublima nell'immane Viet Vet (tredici minuti), uno psicodramma alla Jim Morrison che inveisce contro i valori Americani dall'altro di un blues moribondo costellato di rumori e distorsioni di chitarra.
Il terzo album, Saturn Strip (Ze, 1983), impiegando un'orchestrazione di piu` ampio respiro, approda a una fusione di disco music e rockabilly (Video Babe, Saturn Strip) con sovratoni alla Velvet Underground (American Dreamer). L'album lo riconcilia con il pubblico, ma in realta` perde la grinta luciferina che lo aveva contraddistinto.
Ermetico e gotico, il suo stile rimane il piu` autentico discendente dei deliri dei Suicide.
Alan Vega e Martin Rev si riuniscono una prima volta per A Way Of Life (Chapter 22, 1988) (Wax Trax, 1989), e riescono persino a cesellare un inno degno del loro passato, Jukebox Baby 96.
Passano ancora tre anni prima che il duo ritorni con quello che e`, alla fine dei conti, soltanto il quarto album in sedici anni di esistenza: Why Be Blue (Enemy, 1992). Pur senza l'abrasiva violenza dell'esordio, e con qualche caduta nella discomusic, alcuni brani rinverdiscono il minimalismo maniacale (soprattutto Pump It) e l'elettrizzante "talking blues" (la title-track, con fare da imbonitore) dei loro esordi. Divenuti maestri nel comporre (Cheat-Cheat) atmosfere grigie, depresse, fatali, traboccanti di spleen, i Suicide non sfruttano pero` fino in fondo quella dote. Alan Vega conserva doti uniche di "storyteller" nevrotico e ironico, suadente e sibillino (nel girotondo di Last Time), ma si accontenta della parte di intrattenitore da nightclub.
Dopo l'antologia Vega (Celluloid, 1989), la carriera solista di Alan Vega era intanto proseguita con Deuce Avenue (Musidisc, 1990). Accompagnato soltanto da Liz Lamere alle "macchine", Vega ripete testardamente i numeri che l'hanno reso celebre cambiando loro titolo: Be Bop Jive, Deuce Avenue e La La Bola.
Ma Vega era sempre piu` attratto da altre forme artistiche: nel 1990 era uscito il suo primo libro di fotografia, "Deuce Avenue War" e l'anno dopo gli fece seguito un libro di prosa e poesia, "Cripple Nation".
Distratto e demotivato, Vega registra poco e male. Power On to Zero Hour (1991) e New Raceion (1995) sono forse i suoi dischi peggiori.
Ci vogliono due anni prima che esca l'album registrato nel 1994 con Alex Chilton e Ben Vaughn, Cubist Blues (Thirsty Ear, 1996).
Con Dujang Prang (1996) Vega rinasce di colpo. Ha scoperto un sound terrificante e si e` buttato anima e corpo, come un vampiro, sulle sue canzoni. Invece degli strumenti rock, Vega opta interamente per l'elettronica moderna, ma lo fa con lo stesso spirito ribelle delle origini, anzi con uno spirito che e` degno del punk-rock. Hammered, Life Ain't Life, Big Daddy Stat's Livin' On Tron e cosi` via non valgono molto come composizioni, ma l'esecuzione e` micidiale. Quando e` in forma, Vega ha pochi rivali al mondo.
Rev intanto spreca il suo talento registrando un tributo al doo-wop e ai girl-group, See Me Ridin' (ROIR, 1996).
Vega completa la sua rinascita artistica registrando con Ilpo Vaisanen e Mike Vainio dei Pan Sonic due dischi a nome VVV: Endless (Blast First, 1998) e Resurrection River (Mego, 2005).
Per qualche ragione la critica ha sempre ritenuto che i Suicide non dovessero fare un altro album e si e` risentita ogni volta che Vega e Rev hanno violato quel tabu'. Eppure tutto si puo` dire di questo duo fuorche' ci abbiano intasato gli scaffali di dischi. Tutto si puo` dire fuorche' si siano svenduti alle major, come molti loro (ingrati) discepoli stanno facendo.
In realta` non e` cambiato nulla rispetto agli esordi. Oggi come allora i Suicide esprimono tramite il rock elettronico l'angoscia di vivere, l'alienazione e le nevrosi dell'uomo metropolitano. La loro opera rimane fondamentale nella storia del rock per aver insegnato come usare l'elettronica a fini non pittorici e non futuristi, ma interiori.
Surprisingly, Martin Rev's next move was, Strangeworld (Sahko, 2000), a collection of sorrowful ballads.
The duo reunited to make American Supreme (Blast First, 2002), which adds techno locomotives, hip-hop beats, turntablist scratching, funky bass, metal guitars and programmed keyboards to their original recipe. There is little here that is as lugubrious as their first album, although the songs were composed after the September 11 terrorist attacks and occasionally make references to it. It is not simply a reunion: this is a new Suicide. They sound different, and they are different. No ghostly rockabilly and no electrical shocks. In their place, a wasteland of syncopated beats and a coiling miasma of distorted sounds, and, planted in the kernel of the machine, a messianic voice in the tradition of Jim Morrison, Lou Reed and Nick Cave. The stylistic range is gigantic: techno (Swearing at the Flag, one of the highlights), industrial-dance (Death Machine), dub (Begging for Miracles), hip hop (Wrong Decisions) house (American Mean), reggae (Damn Rain Damn Train). The emotional range is likewise far more varied than on the old Suicide albums. Mostly, it's a sense of impotence, best expressed in the noir atmosphere of Televised Executions (funk, scratching). Occasionally, it turns into despair, as in the devastating psychodrama of Dachau Disney Disco (Pere Ubu meets Pop Group). And, at least once, it is a superhuman feeling of what it feels like to be human on this planet in this age: Child It's a New World.
Martin Rev's To Live (File 13, 2003) survives the hypnotic cyberpunk rhythms worthy of Billy Idol of To Live before getting lost in the swamps of synth-pop.
(Translation by/ Tradotto da Walter Romano)
A sorpresa, la mossa successiva di Martin Rev fu Strangeworld (2000), una raccolta di strazianti ballate.
Il duo si riunì per American Supreme (2002), che riunisce techno, percussioni hip-pop, improvvisazioni vorticose, bassi funk, chitarre metal e tastiere recuperate al loro uso originario. C’è un che di lugubre che ricorda il loro primo album, anche se le canzoni vennero composte dopo l’11 settembre e a volte si rifanno ad esso. Non è una semplice reunion: questi sono altri Suicide. Sembrano diversi, e sono diversi. Niente rockabilly spettrali e niente shock elettronici. Al loro posto, un deserto di ritmi sincopati e un miasma vorticoso di suoni distorti, e, nel cuore dell’album, una voce messianica nella tradizione di Jim Morrison, Lou Reed e Nick Cave. Lo spettro d’influenze stilistiche è gigantesco: techno (Swearing at the Flag, uno dei vertici), industrial-dance (Death Machine), dub (Begging for Miracles), hip hop (Wrong Decisions) house (American Mean), reggae (Damn Rain Damn Train). Le emozioni che suscita sono molto più articolate rispetto all’album precedente. Perlopiù si ha un senso d’impotenza, espresso al meglio nell’atmosfera noir di Televised Executions (funk, scratching). A tratti si trasforma in disperazione, come nel devastante psicodramma di Dachau Disney Disco (in cui i Pere Ubu s’incrociano coi Pop Group). E, almeno una volta, si avverte davvero la sensazione sovrumana di cosa voglia dire essere vivi su questo pianeta in quest’epoca: Child It's a New World.
To Live (2003) di Martin Rev mantiene i ritmi cibernetici degni del Billy Idol di To Live prima di finire nella palude del synth-pop.
Messaggio del 17-01-2006 alle ore 11:39:43
Festival Trasporti Marittimi 2005/2006
Festival europeo itinerante di musiche trasversali
Terza edizione:
8, 9, 10 & 11 febbraio 2006 - Pescara
Con l'intervento della Regione Abruzzo
e il patrocinio della Città di Pescara.
Entrata libera.
Malgrado la creazione della comunità europea, i diversi pubblici dell'Unione
rimangono pressappoco ignoranti delle realtà culturali dei loro vicini. L'evento
oltre al puro intrattenimento, ha dunque la funzione di stimolare una crescita
artistica e culturale, avvicinando, mediante la musica, il pubblico ad altri modi
di pensare e fare cultura. L'obiettivo degli organizzatori non è solamente di
confermare la riuscita delle due prime edizioni, ma di impostare un festival
europeo su scala larga.
Dall'avant-rock alla world-music, dal jazz alla musica classica contemporanea o
D.J. set, la rotta dei Trasporti Marittimi è soprattutto tracciata
dall'originalità, dalla diversità, dalla tenacia e dal gusto per l'avventura dei
suoi artisti. I Trasporti Marittimi sono istintivamente e contemporaneamente
esigenti ed intransigenti.
Il successo ottenuto si deve in gran parte alla scelta dell'agenzia Trasporti
Marittimi di effettuare una programmazione e direzione artistica culturalmente
valida ed anomala, senza il richiamo facile di stelle nazionali o internazionali,
ma fondata sulla comunicatività e la ricerca di artisti di livello elevato. A
questo si deve il plauso unanime tributato da un pubblico numeroso, senza età,
curioso e di spirito giovane ed avventuroso.
Abbiamo lavorato per e con l'Arte, come abbiamo sicuramente anche lavorato alla
promozione dell'immagine del Festival Trasporti Marittimi, sia in Italia che
all'estero. La risposta non si è fatta attendere: in Europa il "Festival Trasporti
Marittimi" si è imposto come "un'iniziativa di un evidente valore culturale"
(dixit il quotidiano "Le Monde", Francia).
In fine, ripetendo l'esperienza dell'anno scorso, il Festival Trasporti Marittimi
2006 sarà itinerante dal 1° marzo al 30 aprile 2004 nelle città di Parigi, Lione,
Lille, Annecy, Barcellona, Bordeaux, Bruxelles, Namur, Liegi, Luxembourg,
Strasburgo, Zurigo, Ginevra, Basilea, Ljubljana, Zagabria, Belgrado, Banja Luka,
Sarajevo e Mostar, imbarcando un'altra parte dell'underground europeo. Un'altra
idea dell'Europa, tuttora non menzionata nella sua costituzione, è entrata in
azione.
Grand-Opening al WAKE UP ! CLUB - via Andrea Doria - Pescara. Ore 20.00.
Con:
- 3/4 HAD BEEN ELIMINATED (I)
- VELMA (Svizzera)
- DJ TAUFIK AL FIRANSYY (Tunisia)
Entrata libera
3/4HadBeenEliminated (I)
3/4HadBeenEliminated è il gruppo fondato a Bologna nel 2002, da Stefano Pilia,
Claudio Rocchetti, e Valerio Tricoli. Nel 2004 la line-up si è estesa al
batterista Tony Arrabito, già collaboratore del trio sin dagli esordi.
3/4 e' il punto di incontro dei diversi e condivisi interessi dei suoi membri:
l'improvvisazione elettroacustica-analogica, il neo-minimalismo e il drone, la
ricerca sulle qualità sonore di "found objects" amplificati, la psichedelia,
l'uso non convenzionale dei dispositivi di diffusione elettroacustica. Obiettivo
del gruppo è l'indagine degli aspetti performativi, teatrali ed "ecologici"
dell'evento sonoro, e delle loro mutue interconnessioni, confermando una certa
urgenza "teatrale" della performance live, rispetto sia alla passività della
classica ricezione acusmatica, sia alle impettite performance elettroniche
cameristico/accademiche. Priviligiando un approccio "site specific"
all'improvvisazione elettroacustica, accade che il live di 3/4HadBeenEliminated
sia
fortemente determinato dal contesto fisico e sociale dello spazio che ospita
l'evento, il quale muta, sostanzialmente, l' immaginario sonoro e l'approccio
della band.
Allo stesso modo le loro produzioni musicali su supporto sono caratterizzate da
una specifica e consequenziale progettualità: l'esordio
"3QuartersHadBeenEliminated (cd, bowindorecordings 2004) svela il manifesto delle
diverse influenze musicali ed estetiche del gruppo lungo un ciclo sonoro di sette
composizioni; il successivo "A Year Of The Aural Gauge Operation" (cd, Hapna 2005)
privilegia l'improvvisazione live della band che, attraverso l'interazione di
strumenti elettronici ed acustici e in un contesto in cui lo studio di
registrazione stesso e lo spazio in cui
avviene l'interazione vengono considerati e trattati in tempo reale come strumenti
musicali, realizza una poliedrica sintesi psichedelica di songwriting
elettroacustico.
"A volte un nuovo disco arriva come un dono inaspettato. Liberi da costrizioni e
incuranti di ogni must all'indomani di un promettente album d'esordio nell'ambito
della sperimentazione radicale e
dell'improvvisazione, i 3/4HBE riescono a stupire e lo fanno nel migliore dei
modi. Stefano Pilia, Claudio Rocchetti, Valerio Tricoli (a cui si aggiunge il
batterista Tony Arrabito, già ospite del primo album e di diversi live) non hanno
paura di contraddirsi ma, per dirla con Walt Whitman, dimostrano di "contenere
moltitudini". In altre parole realizzano, a modo loro, l'album rock. Pur
conservando il bagaglio di suoni-fantasma, drones e distese malinconiche, ritmi
implacabili, samples pungenti impiegato nel primo disco, in questa occasione i 3/4
danno libero sfogo a pulsioni precedentemente inespresse e creano una raccolta di
brani, in alcuni casi mini-suite di dieci minuti, in cui prevalgono l'elemento
"suonato" e un lirismo sommesso. Basti ascoltare la traccia di apertura Widower,
la sua melodia che si manifesta senza troppi preamboli e gli squarci di una voce
solitaria che risuona lontana, poi trasfigurata in una costellazione di effetti
percussivi; oppure Labour Chant, con i suoi cori cupi e sospesi, samples che
ricordano i momenti più introversi di Philip Jeck, un incessante gorgoglio sonoro
di concretismi e cascate noise che sfocia nella suspense di arpeggi staccati e
sussultanti; i riff di chitarra vagheggiati in As Of Yore, sepolti in un mare di
field recordings da cui emerge un gemito straniante. Nel corso del disco troverete
spesso voci che aleggiano tra residui sonori (Shifting Position), frammiste a
crescendo di chitarre o racchiuse in un mare di risonanze memori del Grand Cinema
di Dean Roberts (Wave Bye Bye To The King), raccolte in cori sghembi, ibridi di
drone-folk stellare (Monkey Talk). Ogni Brano è intarsiato di raffinatezze sonore
e dettagli preziosi; a volte vi sembrerà di trovarvi nelle lande brumose esplorate
dagli Organum, in altri momenti le architetture corali riecheggiano della
psichedelia più travolgente. Soprattutto - al di là di ogni possibile discendenza
reale o immaginaria - ci sono quattro musicisti, e un disco, dalla personalità
straripante. (8). Daniela Cascella, Blow Up #89"
www.shiftingposition.org
www.hapna.com
VELMA (Svizzera)
Chi ha sostanza da vendere sono i Velma, splendido terzetto Ginevrino. Brandelli
di canzoni che appaiono e scompaiono in rapida successione: post-pop che culmina
spesso in 45 secondi di sfacciati e meritatissimi applausi. O i cinque minuti
soli, ma con dentro talmente tante idee. I Velma condensano la loro etica e la
porgono in una musica che attraverserà generi e umori con assoluta disinvoltura.
Il loro "pop" è una questione di atmosfere e sensazioni. Prevale una
strutturazione astratta dei suoni, per certi versi vicino a ciò che è stato fatto
in tempi e ambiti diversi da Tarwater e To Rococo Rot, ma il loro sguardo si
spinge ancora oltre.
Teatralità piena, melodie di struggente bellezza, una inesauribile voglia di
esplorazione nei territori della pop/elettronica che ribadisce l'innata capacità
dei Velma di rendere fruibili e in un certo senso leggere anche le istanze più
sperimentali che li animano.
Esercizio cinematico astratto a compiuta pop song in una perfetta compenetrazione
acustica/elettronica. Un percorso che conferma la maturità e l'enorme talento
raggiunto dai Velma.
La band è riuscita a ritagliarsi uno spazio decisamente importante nel panorama
del trip-hop e dintorni (lo chiamiamo così per evitare etichettature alla
"electro-pop-folk-noisy" che vogliono dire tutto e niente) procurandosi anzitutto
un bel contratto in California (Emperor North Records) e la possibilità,
tutt'altro che scontata per una band svizzera, di partire per brevi minitour
americani, inglesi e francesi e ritrovare ogni volta, soprattutto in Italia dove
pubblico e critica hanno sempre riservato commenti appassionati, una fedele
schiera di fan entusiasti.
Dopo quasi due anni di pausa Christian Garcia, Christophe Jaquet e Stéphane
Vecchione sono tornati in studio per registrare quella che, ufficialmente, è la
loro quarta fatica artistica. Un lavoro di ottimo livello che si rivela nervoso,
claustrofobico (per volere stesso dei musicisti) assolutamente notturno, onirico
ed irreale arricchito non poco dalla fantasia di un produttore del calibro di Mark
Van Hoen (a.k.a. Locust) che, nel mondo dell'elettronica, è considerato come un
vero e proprio guru chiamato in corte, non a caso, addirittura dai Mojave 3. Una
musica ipnotica, in tensione ed in continuo crescendo che viene portata sino al
limite e sino all'esplosione. Metropolis (tributo ai Motörhead) e Voices Of The
Ether (che consolida l'ormai lunga collaborazione con Dälek) sono ottimi esempi in
questo senso anche se i migliori momenti dell'album appaiono arrivare dai nove
minuti di Private Perfection.
In dieci anni di carriera, i Velma si sono guadagnati (per merito) il titolo di
"innovatori" e d'irriducibili sperimentatori.
Press-cut :
"Quanta curiosità suscita ascoltare band che provengono da luoghi che non siano i
consueti del panorama musicale come Inghilterra e Usa. Per non parlare poi della
sorpresa che nasce dopo l'ascolto di lavori assolutamente sopra le righe e
originali come quello realizzato dagli svizzeri Velma, trio di musicisti che amano
accompagnare le loro note ad altre forme d'arte, soprattutto visive. Le cronache
raccontano di numerose performances per installazioni, cortometraggi, clip art,
prove riuscite che si lasciano intuire anche ascoltando semplicemente un loro CD.
La musica è soffusa, curata nelle melodie quanto inquietante nell'incedere
ripetitivo, un loop elegante paragonabile alle visioni psichdeliche, quelle più
scure, dei Pram o Stereolab, salvo differenziarsi per il cantato maschile. Per
spiegare i Velma si deve per forza riprendere il consueto esempio di musica come
ideale colonna sonora per un film immaginario, dicitura scontata quanto mai
attinente a suoni che sono quasi dei mantra che lasciano in trance l'ascoltatore."
Gianluca Polverari
http://www.velma.ch/
DJ Taùfik al-Firansyy (Francia/Tunisia)
Francese, nato in Viet-Nam, da genitori "pieds-noirs" del Marocco. E da sempre,
Taùfik al-Firansyy non ha mai vissuto più di quattro anni nello stesso posto.
Rabat, Saïgon, Paris, London, New York, Berlin, Amsterdam, Tunis, etc.
La sua actività "on tour" lo ha portato da Berlino a Cadiz, come da Tbilisi a
Barcelona, e ancora più lontano. Taùfik è stato invitato in festival prestigiosi
come Dokumenta in Kassel, e geograficamente come artisticamente ha esplorato più
di una via musicale, dall'ethno alla musica classica contemporanea, dal jazz, dal
punk alla musica maghrebina.
Nei clubs, il suo piacere più grande è ora un originale, elegante e selvaggia
mistura di generi, dall' India all' Inghilterra, dal Marocco agli USA, etc.
Un'illustrazione sonora di una guerra imperialista ormai persa.
Non ha paura di suonare e rimissare Talvin Singh e il primo "raï" algerino con
Motörhead, cosi come Natacha Atlas, Hamza el Din, Munir Bachir, Abd el Wahab,
Rachid Taha o Cheikha Remitti con Slint o Keiji Haïno, Sainkho, Nitin Shawney,
Govinda, Ali Hassan Kuban, Mahmoud Ahmed, Bollywood freaks, Mokhtar al Saïd, Abd
el Gadir Salim, Oumou Sangaré, Sheikh Ahmad al-Tûni o Aïsha Kandisha con
l'elletricita occidentale la più malata. E molto di più, da Goa a Khartum, da
Parigi ad Ibiza, da Bagdad a Washington DC.
Taùfik al-Firansyy vive ora tra Parigi e Tunisi.
GIOVEDI' 09 FEBBRAIO 2006
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Pattinodromo Comunale - Via Maestri del Lavoro d'Italia - Zona Gesuiti Colli -
Pescara.
Ore 20.00.
Bar & ristoro.
Con:
- CUBA CABBAL + DJ DSASTRO (I)
-ARDECORE (I)
- BAUSTELLE (ITALIA)
-DJ TAUFIK AL FIRANSYY (Tunisia)
Entrata libera
CUBA CABBAL & DJ DSASTRO (I)
"The Dervish Made Me Do It"
Dopo viaggi e concerti tenuti da C.U.B.A. CABBAL in Iraq nasce questo progetto con
l'aiuto di DJ DISASTRO (già collaboratore di Assalti Frontali) "The Dervish Made
Me Do It" (Me l'ha ordinato il derviscio).
Contatti con la Tariqua sufi di Baghdad, ritmi e cerimonie, musica e parole come
liberazione consapevole.
Il disco è una colonna sonora dei giorni d'oggi dove mescolanze etniche e ritmiche
fanno da ponte sonoro per abbattere i muri mentali e materiali eretti dalla
tirannia imperiale.
Campionamenti di artisti iracheni trovati nella penombra di un souk, ritmi arabi
che si intrecciano a grooves hip hop, scratches, tablas, kora, darbuka, canti e
flauti suonati da musicisti di diversa estrazione musicale.
Testi diretti al bersaglio che raccontano lo scempio iracheno visto con i propri
occhi descrivendo sfumature che a volte non si colgono nei telegiornali nazionali.
C.U.B.A. CABBAL e DJ DISASTRO (già collaboratore di ASSALTI FRONTALI e LOU X)
producono experimental Hip Hop, arab-beats, remix di antichi canti
popolari,incastri improbabili di musiche provenienti da terre
incontaminate,campioni a rotazione. Nel '94 Cabbal firma con la WEA e partecipa
all'esperimento "SISTEMA INFORMATIVO MASSIFICATO", crossover tra rock e rap, dove
non vengono risparmiati violenti attacchi al mondo dei mass media e a coloro che
governano. Approderanno alla biennale Arte Musica Mediterranea di Valencia. A
questo punto dell' attività si sviluppa una tribù che prende il nome di COSTA
NOSTRA di cui fanno parte LOU X , CUBA, DJ DSASTRO ed EKO con una serie di
concerti in Italia e all' estero (1 Maggio a Roma, Sonoria, supporters dei CYPRESS
HILL ed M.O.P.,per citarne alcuni). Dopo un paio di produzioni per la BMG Ricordi,
CABBAL esce di nuovo con "Alla Corte de lo Governatore" (VIRGIN Music-EXTRALABELS)
che descrivono con il suo linguaggio una visione senza tempo fatta di suoni e di
parole che sembrano pescare da un futuristico medio evo (subito citato dalla
rivista TRIBE tra i dischi consigliati dell'anno). L'attuale tour vede con la
fusione tra MC'S, Percussioni, Basso e DJ Set un sonoro di grande impatto che
coagula e dissolve con una dolce potenza.
Inoltre, con ex musicisti di BABA SISSOKO e TAMAN KAN partecipa all'iniziativa
SALAAM BAGHDAD, un gruppo di 35 persone fra artisti, poeti, registi, gionalisti,
tecnici, operatori, ecc. che ha dato vita a due concerti per la Pace contro ogni
guerra e tutti i terrorismi a Baghdad e presso lo stadio di Bakuba con ANTONIO
ONORATO, GORAN KUZMINAC, MAX GAZZE' , LUCA FAGGELLA e DESIREE INFASCELLI, ENRICO
CAPUANO, IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI.
Nuovo album:
CUBA CABBAL & DJ DSASTRO.
The Dervish Made Me Do It
(Dance-Hip Hop-Dub-Trip Hop)
Vibra Records / Self
Breve biografia di DJ DisastroProduzioni:
* Lou X - Dal Basso;
* Lou X - A Volte Ritorno;
* C.U.B.A. Cabbal - Affari di droga/Cuore di rabbia;
* The Ultimate result (Flying - U.M.M);
* Transitive Elements Vol. 2 (Flying - U.M.M);
* C.U.B.A. Cabbal - Fuori dal Mazzo (Autoprod.)
*CABBAL - Alla Corte De Lo Governatore (Extravibe/Virgin )
Collaborazioni:
Lou X, C.U.B.A. Cabbal, Assalti Frontali.
ARDECORE (Roma)
Ardecore è lo straordinario progetto nato da un'idea del cantautore folk blues
Giampaolo Felici insieme alla band Zu e al cantante chitarrista Geoff Farina,
leader degli stutintensi Karate. Questo importante esordio è pubblicato da Il
Manifesto CD.
Ardecore rappresenta il bisogno di ricollocare la musica romana in un contesto più
ampio di quello in cui è stata relegata nell'ultimo scorcio di storia. Le
particolarità della sua struttura negli arrangiamenti, come nei testi, la rendono
unica e il bisogno di darle nuova visibilità è la scintilla che ha "riacceso il
cuore" verso i suoni e le storie di Roma. Di fatto l'idea del progetto nasce nella
primavera del 2002 durante il tour europeo dei Karate con Zu e Blind Loving Power
a fare da apertura. I concerti, estremamente vari come proposta (dal black gospel
malato del "one man band", al post punk jazz del trio romano, fino al morbido post
rock con venature soul dei tre di Boston), venivano aperti e chiusi da vecchi
dischi di musica romana depistando piacevolmente ancora di più il pubblico. In più
di un' occasione tra i brani blues gospel di B.L.P. si faceva spazio qualche
stornello "maledetto".
Da qui l'idea di registrare i brani più scuri della tradizione popolare romana e
raccoglierli in un progetto che li esaltasse, proponendoli all'ascolto anche di
chi in genere non ha affinità con le sonorità folk. Alla fine del tour Geoff
Farina propone di rivedersi di lì a breve per registrare, in verità passeranno due
anni prima che il tutto si concretizzi realmente. In quel periodo sia Karate che
Zu continuano la loro attività live e discografica mentre B.L.P., dopo un breve
tour in Belgio da solo, rallenta la sua attività live per dedicarsi all'apertura
di uno spazio che coinvolga i musicisti da tutto il mondo con quelli romani. Nasce
dunque l'Init di Roma. L'inaugurazione dello spazio è affidata ai tre progetti che
si riuniscono per l'occasione, la stagione successiva riunirà ancora i musicisti,
ma questa volta per iniziare le registrazioni di Ardecore, avvalendosi anche
dell'aiuto di Luca Venitucci alla fisarmonica e Valerio Borgianelli al vibrafono.
IL CD
I vecchi brani che sono proposti su questo disco sono stati rielaborati in maniera
tale da non stravolgere le partiture originali, ma la inevitabile rilettura ne
evidenzia alcune particolarità nelle soluzioni stilistiche che lo rendono
incredibilmente originale nonostante si tratti di brani di minimo 80 anni di età
se non di 300, come nel caso del capitolo d'apertura del disco "come te posso
amà". A dispetto dell'evidente impatto dinamico delle 9+1 tracce , il disco è
interamente acustico, se si eccettua la chitarra elettrica di Geoff Farina, quasi
a rimarcare la sua provenienza lontana dalle mura capitoline, ma che non ha potuto
dimenticare i natali della sua famiglia di provenienza abbruzzese.
Il disco si divide in tre capitoli di tre episodi ciascuno, richiamando alla
memoria le tavole dei cantastorie, veri padri della canzone italiana. Nel primo
capitolo l'ambientazione è quella del carcere, della malavita, dell' amore, del
dramma della morte, della strada verso l'amore divino. Nel secondo la morte sale
in cattedra ed il tevere diventa lo scenario della sua azione drammatica. Il terzo
trittico è dedicato alla "serenata", fiore all'occhiello della musica romana,
albore della melodia italiana più pura, quella che non teme il confronto con il
tempo.
L'estremo senso di inquietudine che si respira tra i nove capitoli è ancor più
inspessito dagli arrangiamenti radicali voluti dai 7 musicisti, sviluppatosi
intorno al motore roboante degli Zu, che non lascia spazio a ripensamenti, ma che
sa sottrarsi alla ribalta, lasciando che le melodie risultino intatte. La chitarra
di Farina è un contrappunto costante a tutta l'opera, come anche il lavoro
fondamentale della fisarmonica di Venitucci, ben coadiuvato dall'apporto armonico
di Borgianelli al vibrafono. Il resto, per cosi dire, lo fanno le canzoni, perle
intoccabili, come gli autori le avevano amate e concepite . Ridestate dal loro
sonno si ritrovano ancora piu' belle - e rifiutando i paragoni ci chiamano dal
profondo come un coro lontano che intona: "vecchia Roma ........."
Giampaolo Felici. in solo come Blind Loving Power suona dirty-gospel con voce,
chitarra, e un vano doccia sotto i piedi....
Geoff Farina. autore-chitarrista-cantante della band statunitense Karate, uno dei
gruppi post-rock più amati in Italia ed Europa.
Luca Mai, Massimo Pupillo e Jacopo Battaglia sono i tre Zu: 8 cd all' attivo, piu'
di 500 concerti in tutto il mondo .
Luca Venitucci. conosciuto jazzista ed improvvisatore. Ha suonato al fianco di Lou
Reed con l'ensemble di Berlino Zeitkratzer.
Valerio Borgianelli. attivo nella musica contemporanea, e' stato invitato da Steve
Reich alla Columbia University di New York.
BAUSTELLE (ITALIA)
il miglior gruppo italiano del momento / pop
Il progetto Baustelle nasce nella seconda meta' degli anni '90. Dopo la solita
trafila di demo, arriva l'esordio discograficonel 2000 con 'Sussidiario illustrato
della giovinezza' (Baracca&Burattini/Edel), con la produzione artistica di Amerigo
Verardi.
Il disco si guadagna importanti riconoscimenti (Miglior disco italiano d'esordio
per Musica & Dischi, Premio Fuori dal Mucchio organizzato da Il Mucchio Selvaggio)
e suscita grande curiosità e apprezzamenti fra pubblico ed addetti ai lavori per
la sua (ri)costruzione di quarant'anni di pop: vi si ritrovano infatti la canzone
d'autore francese e italiana, l'elettronica, la new wave, le colonne sonore anni
sessanta/settanta, la bossa nova.
A distanza di quasi tre anni, dopo un cambio di etichetta discografica
(autoproduzione in partnership con BMG Edizioni, distribuzione Venus) il 23 maggio
arriva il secondo album: 'La moda del lento', registrato e mixato in diversi
studi, fra cui le Officine Meccaniche di Mauro Pagani.
'La moda del lento' prosegue, ampliandolo e amplificandolo, il percorso intrapreso
con il disco precedente. L'obiettivo è anche questa volta la canzone d'autore e
pop, nel senso più nobile del termine. Anche questa volta Baustelle collabora con
Amerigo Verardi, in veste di co-produttore artistico.
Il disco riceve un ottimo consenso fra la critica, specializzata e non (fra gli
altri: Repubblica, Corriere della Sera, Rockerilla, il Mucchio Selvaggio, Elle,
Vogue, ecc.).
Il primo videoclip estratto dall'album e' quello di "Love affair", diretto da
Lorenzo Vignolo. Entra in programmazione su MTV a settembre, all'interno della
fascia serale-notturna, e in breve tempo supera le piu' rosee aspettative. Viene
"promosso" infatti nel palinsesto diurno dell'emittente.
Nel novembre 2003, in occasione del M.E.I., Baustelle riceve il Premio Musica
Indipendente (alla sua prima edizione, votato da un ampio gruppo di giornalisti e
addetti ai lavori del mondo musicale italiano) come "Miglior gruppo dell'anno".
Con la primavera 2004 arriva un nuovo video. Si tratta di "Arriva lo ye-ye",
diretto anche questa volta da Lorenzo Vignolo.
Contemporaneamente viene pubblicato un cd single, contente un remix a cura dei
Delta V.
Nel 2005 esce per Warner Music Italy / Atlantic il terzo lavoro dei Baustelle, "La
Malavita", registrato da Carlo U. Rossi, produttore storico del rock italiano. Il
disco, come il titolo lascia immaginare, raccoglie undici canzoni-manifesto del
male di vivere. Più "vero", rock e potente di "La Moda del Lento", il disco
sintetizza con eleganza italiana il wall of sound di Phil Spector (un'orchestra
d'archi suona in sei pezzi), le colonne sonore dei poliziotteschi, Gainsbourg, la
canzone d'autore italiana, il punk primordiale newyorkese di Modern Lovers,
Television, Blondie e Ramones.
VENERDI' 10 FEBBRAIO 2006
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Pattinodromo Comunale - Via Maestri del Lavoro d'Italia - Zona Gesuiti Colli -
Pescara.
Ore 20.00.
Bar & ristoro.
Con:
- PSYCHOLIVOS (I)
- UNITED MOVEMENT (Austria)
- HELL DEMONIO (I)
- L' ENFANCE ROUGE (Francia)
- DJ TAUFIK AL FIRANSYY (Tunisia)
Entrata libera
HELL DEMONIO (I)
Abituati a vedere gruppi pubblicare cd dopo anni di concerti o quando "ormai dal
vivo non suoniamo più i pezzi del cd, perchè sono troppo vecchi", gli Hell Demonio
potrebbero risultare una boccata d'aria fresca oppure solo uno scherzo
presuntuoso. Verona, nella lisergica primavera 2004, a molti anni di distanza
dalla dichiarazione di morte del rock'n'roll qualcuno sembra ancora non prendere
sul serio questo inutile epitaffio e capisce che finalmente può contare sulle
persone giuste per dare vita al gruppo che da anni attendeva di formare. Non
un'insieme di musicisti capaci ma un gruppo di persone con cui condividere un
progetto da vivere fino in fondo. Pochi strumenti, quelli che servono, e un nome
tanto arrogante quanto forse stupido, ma che ben esprime il loro approccio alla
musica. Approccio secondo il quale non conta neppure saper suonare il proprio
strumento, infatti un batterista può passare alla voce, mentre al basso può stare
un tastierista e alla batteria un chitarrista. Ma ciò che conta è altro. Le loro
influenze sono gruppi come The Stooges, Germs, AC/DC mischiate a sonorità più
recenti come The Nation Of Ulysses, Jesus Lizard, Rye Coalition, Fugazi. Altri
nomi non servono, neppure quelli dei componenti. Nasce come uno scherzo quello di
non sapere e non informarsi sui loro reciproci nomi ma lo scherzo diventa presto
tragedia, infatti la formazione è: Hell Demonio n.1, Hell Demonio n.2, Hell
Demonio n.3, Hell Demonio n.4 ed Hell Demonio n.5 Black Beauty Cowbell, (unico
elemento di cui si conosce il nome) un campanaccio di cui tutti si innamorano a
prima vista tanto da divenire elemento essenziale del gruppo. Risalire ai veri
nomi sembra inutile quanto impossibile. Nascono le prime 7 canzoni e decidono di
farlo diventare un "Greatest Hits". Se le cose che contano poi sono altre, non è
necessario neppure uno studio per registrare un disco. Basta Fabio Magistrali, con
il suo studio mobile, e la sala di una vecchia casa di un ex-musicista ormai
dedito all'agricoltura biologica. Il tempo di togliere la polvere e la casa di un
altro amico (Enrico - Rosolina Mar) sarà perfetta per mixare il cd. Nel frattempo
i concerti aumentano lasciando spesso sul loro corpo l'eredità del palco, che
siano lividi o strumenti segnati... e mentre esce "Greatest Hits", prodotto da
Wallace e Robotradio records, è in lavorazione The Discography Ep.
Press-Cuts:
Se è vero che gran parte dell'indipendenza italiana attuale è tesa alla ricerca di
una sperimentazione sonora che si riallacci all'improvvisazione e a prassi
(post)moderne, dove bisogna andare a collocare i veronesi Hell Demonio? Ascoltare
"Metal Maximizer" in apertura del loro "Greatest Hits" significa gettarsi a corpo
morto in un mondo dominato tanto dai rimasugli punk che ancora scorrono nelle vene
di ogni rock'n'roller che si rispetti quanto il garage più sudaticcio e slabbrato
degli anni '70. Una vera e propria forma di combattimento da strada, dove ogni
pezzo è tornado che
punta diritto verso le case della parte buona della città, per scoperchiarle e
risucchiarne gli abitanti, trascinati in un vortice incessante e devastante di
rumore. Sette pugni nello stomaco, ma non di quelli che si scambiano abitualmente
gli amici, retaggio morto e sepolto della lotta per decidere il capobranco, ma
cazzotti degni di un Cassius Clay o di un Primo Carnera. Sette pugni nello stomaco
per un quarto d'ora e poco più sfiancante come il fotofinish di una tappa di
pianura al Giro d'Italia: i titoli giocano molto con l'indole messa in mostra, ed
è possibile imbattersi in "You Are Born to
Lose" o, meglio ancora, trovarsi a fare i conti con "The Beamy Nihilistic Sword" e
"Reagans N' Roses". Ovviamente a mettere in ordine suoni e quant'altro è chiamato
l'immancabile Fabio Magistrali, e il risultato è sfavillante, selvaggio, del tutto
estraneo al verbo ammaestrare e a tutto ciò che può comportare la logica. Sempre
rimanendo in territori Wallace viene alla mente lo splendido esordio dei Sedia,
appena un anno fa; effettivamente l'impatto sonoro, umorale e scostante, riporta
alle orecchie il lavoro omonimo della band di Ancona, ma con le dovute differenze
del caso. Lì si ricercava comunque una quadratura del cerchio ed era possibile
riscontrare una geometria - seducente e spiazzante - alle spalle del progetto, qui
si vive su coordinate puramente istintive, grottesche, quasi animalesche. Si
potrebbe dire, nella speranza di non offendere nessuno, che "Greatest Hits" sia la
versione proletaria di "Sedia", nata e svezzata nella strada. Urlata, sfrenata,
eccessiva e riottosa. Manca forse un minimo aggiustamento per rendere il tutto
ancora più efficace, ma sono inezie. Non ho idea di quanto questi ragazzi possano
chiedere a se stessi e alla loro espressività, ma "Greatest Hits" è una tempesta
salvifica che spazza via un po' della maniera e della prassi nelle quali stava
rischiando di affondare un certo tipo di musica nostrana. Arriverà, come è giusto
che sia, la quiete. Ma cosa c'è di male ad assaporare per un po' i giorni della
furia? Kalporz
Raffaele Meale
A discapito della durata del cd, questo "Greatest Hits" va considerato a tutti gli
effetti un album vero e proprio. La band, qui all'esordio, è davvero esplosiva e
mi ha ricordato gli ottimi Rye Coalition, nella voce sguaiata, nella potenza
ritmica, nelle svisate chitarristiche e nel dinamismo musicale. Registrato come
sempre al meglio da Fabio Magistrali, i cinque Hell Demonio (i componenti si
identificano con il nome della band seguito da un numero, da 1 a 5) risultano
assolutamente convincenti nella loro miscela di aggressività ed emotività, impatto
sonoro e tecnica strumentale. Il titolo è programmatico: niente è lasciato al
caso, c'è solo musica fatta al meglio delle loro possibilità; come si dice, poco
ma buono, in questo caso c'è anche dell'ottimo. Da ascoltare e riascoltare tutto
d'un fiato e a volume altissimo. Sands Zine / Alfredo Rastelli
Le ultime produzioni della Wallace Records virano decisamente verso sonorità
d'impronta hardcore/noise se non addirittura palesemente rock'n'roll. E' il caso
degli Hell Demonio, micidiale quartetto veronese al suo debutto con questo
Greatest hits, che si segnala come una delle pubblicazioni più violente e
devastanti in ambito hardcore/punk che ci sia dato ascoltare ultimamente. Il
disco, coprodotto da Wallace e Robotradio, con una grafica alquanto spartana e una
cover cd in rigoroso colore arancione, è stato registrato e mixato da Fabio
Magistrali (il che già depone a favore della qualità del suo risultato finale):
quindici minuti di pura violenza hardcore/noise riletta con un approccio
selvaggiamente rock'n'roll. Per intenderci: il post-core di Refused e Fugazi
cammina a braccetto con i riff hard-blues degli AC/DC e il quadrato noise-rock di
marca shellachiana. Metal maximizer, Hell Demonio vs punk funk, You are born to
lose, Ass of base coniugano un rock altamente incendiario, con una voce al
vetriolo, chitarre potenti e abrasive e una batteria schiacciasassi. Greatest hits
è sicuramente un debutto al fulmicotone e gli Hell Demonio sono tra le band
rivelazione del 2005. FunHouse / Gabriele Barone
I veronesi Hell Demonio sembrano seguire l'esempio che fu dei Rye Coalition:
impostazione base di stampo noise/post-core e palesi mire da r'n'r fanatic. In
"Greatest Hits" quest'ultima tendenza prende corpo in un suono duro e stradaiolo
paragonabile nella maggior parte dei casi agli Hellacopters quando ancora i loro
ormoni schizzavano per gli Stooges. Dal mix di stilemi insorgono sette brani
incendiari e spigolosi, ignoranti e temerari, alimentati da inserti vocali
abrasivi. Il campanaccio assurge a simbolo, gettando benzina nel fuoco del
perbenismo indie. Blow Up / Fabio Polvani
Gli Hell Demonio sembrano meglio rappresentare i barbari in casa Wallace (e poi
qualche data se la sono fatta pure insieme, immagino che bella bolgia..), sotto
l'egida rock&roll del grind-core e del noise. Il titolo dell'album è ironico,
essendo questa la prima Loro uscita ufficiale (curata sapientemente al mixer da
Fabio Magistrali), spartana pubblicazione con info niente (nemmeno un foglio, solo
la confezione + cd) e demenziali lo sono anche alcuni titoli (Ass of Base, Reagans
n' Roses). Sparando veloci e rancidi sviluppando il meno confortevole sostenibile,
caro a Jesus Lizard e Unsane, creano un'adrenalina malata, su ritmiche violente
hardcore (hell demonio vs punk funk ) e secchi assoli di chitarra elettrica, con
la voce perennemente mangiata da una rabbia delirante. Il tutto con egregio
risultato, - ed era ora, in italia. Komakino / Paolo Miceli
Dal nome (eccelso, a mio modesto parere) mi aspettavo degli invasati dediti a un
revival aggiornato delle forme più primordiali e grondanti sangue (finto,
ovviamente) di black metal. Il fatto che poi l'ascolto mi abbia portato a
elaborare altre riflessioni sonore non deve comunque essere preso come negativo
presagio per chi si appresta a leggere i miei pensieri. Anche perché il
sottoscritto non si lascia di certo deviare dalle impressioni non musicali. Anche
perché poi la qualità delle sette composizioni che danno vita al 'Greatest Hits'
di debutto degli Hell Demonio è più che competitiva. E sopratutto perché, alla
resa dei conti, scopro che qualcosa ci avevo azzeccato. Infatti i cinque musicisti
veronesi sono effettivamente degli invasati! Solo che la loro infatuazione
bestiale e primordiale viene messa al servizio di una mistura alquanto selvaggia e
carnale (credo che questo sia il termine più appropriato) di rock'n'roll
tarantolato, di hard rock sottoposto a cura dimagrante, di noise rock abrasivo e
sbilenco e di screamo post core inferocito. Un bel miscuglio da cui gli Hell
Demonio sanno attingere al meglio per regalarci un disco tanto intenso quanto
sostanzioso. Music Club / Roberto Michieletto
L'ENFANCE ROUGE (F/I)
" .questa maniera di lavorare l'elettricità spinge la nozione di coerenza musicale
nelle sue retrovie più inedite. in Francia pochi musicisti sembrano capaci di
firmare simili scenari." Les Inrockuptibles (F)
".uno dei migliori gruppi europei." Thurston Moore (Sonic Youth)
L'ENFANCE ROUGE. Gruppo franco-italiano , vive tra Parigi e Tunisi. Più di 900
concerti dal 1993, da Vilna a Tbilisi, da Berlino a Siviglia, da Bruxelles a
Siracusa. In Teatri, clubs o nei campi profughi in Slovenia durante l'ultima
guerra.
Avant-rock , rock sperimentale, improvvisazione, canti sicuri e scardinati. Senza
direzioni musicali né frontiere geografiche o artistiche. Confessano in questo
momento un interesse speciale per Keiji Haino, Wadih el Safi, la musica classica
contemporanea o per le canzoni della guerra civile di Spagna. La stampa ne parla
come di un incrocio tra introspezione ed accelerazioni, tra cerebralismo e
fisicità. Mai prevedibili.
Durante il Festival Trasporti Marittimi 2005/2006, L'ENFANCE ROUGE presenterà il
suo nuovo album "Krsko-Valencia", pubblicato in Italia dalla Wallace Records.
Saranno i 3 primi concerti di una lunghissima tournée che le porterà di nuovo in
Italia, Spagna, Francia, BeNeLux, Germania, Austria, Svizzera, Slovenia, Croazia,
Serbia-Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Macedonia, Grecia, Turchia e Giappone per
97 concerti fino alla fine di maggio 2006.
... strumentisti che si sono messi in testa di varcare le soglie di ogni genere e
di ogni tempo. La Repubblica
.Irrequieto, apolide e scarno...uno dei pochi per la cui sincerità, culturale ed
umana, metterei la mano sul fuoco...intuizioni chitarristiche, introspezione
sonica...frasi cacciate a forza dentro la metrica peggio della calca nei vagoni
del metro di Tokyo...roba da 110 e lode con sberleffo accademico...disco della
stagione. Music Club
. è un capolavoro, inutile dilungarsi in ulteriori giri di parole. Essenzialmente
riesce là dove molti, anche tra i più celebrati 'innovatori di fine secolo,
avevano fallito: coniugare la ricerca musicale -quella più radicale, fatta di
temerari fragori chitarristici, di estenuanti dilatazioni strutturali, come di
silenzi che sembrano eterni- con l'arte sempiterna della poesia. In questo disco
rumore e dissonanza imperversano, eppure c'è tanto pathos e tanta dolcezza che
pare di ascoltare il più ispirato dei Notturni di Chopin. Raro
. una delle più intense e devastanti dichiarazioni d'alterità (o d'intenti ?...)
che abbia mai ascoltato . si propone tra le migliori uscite rock pubblicate
quest'anno da etichette italiane: non perdetela. Blow Up
SABATO 11 FEBBRAIO 2006
??????????????????????????????????
Grand Finale - Pattinodromo Comunale - Via Maestri del Lavoro d'Italia - Zona
Gesuiti Colli - Pescara. Ore 20.00.
Bar & ristoro.
Con:
- SERIAL KREEPERS (I)
- VUNENY (Bosnia-Erzegovina)
- MARTIN REV (ex-SUICIDE, USA)
- Dance-hall fino alle 4 della notte: DJ crew CONTAMINATED POPULATION + HATE
CORPORATION (I)
- Ore 01.00 fino all'alba. Wake Up, Via Andrea Doria. Party conclusivo con
MamaKiller Dj Set
Entrata libera
SERIAL KREEPERS (I)
Punk-Rock
I Serial Kreepers sono una band pescarese-teramana formatasi nel 2001 coll'
intento di suonare del buon vecchio punk'n'roll di marca 70's influenzato da band
come Clash, Sex Pistols, Professionals, New York Dolls, Humpers e US Bombs. In
questi anni il gruppo ha realizzato due promo cd "Il cattivo esempio" del 2001 e
"Ugly in this world of beauty" del 2003, accolti entrambi molto positivamente.
Nel 2004, inoltre, partecipa alla compilation "Fuck Yeah" edita dalla 8 records.
Il 2006 vede l'atteso debutto del primo full lenght "Official Underdogs"
pubblicato dalla Valium records di Roma. I Serial Kreepers hanno suonato, tra gli
altri, con: UK Subs, Sonny Vincent, Hormonauts, Marco Di Maggio.
VUNENY (Mostar, Bosnia-Erzegovina)
Electro-core, drum'n'bass, Dub-Rock
VUNENY è stato fondato dai musicisti Andrijan Zovko , Nedim Cisic e Asmir Sabic
all'inizio del 2003, al seguito di una domanda del Festival del corto metraggio di
Mostar (Bosnia-Erzegovina) per comporre la colonna sonora del film di Phillipe
Garell, Le Révélateur (Fr, 1968).
Agitatori della scena bosniaca (Chaspa è il direttore artistico del celebre centro
culturale Abrasevic e Nedim, scrittore e editore, è il direttore artistico del
Mostar Intercultural Festival), i tre "uomini di lana" (Vuneny) hanno un pesante
passato nell'underground/indy mostarino, tra electro-core, drum'n'bass o
avant-garde. Il risultato è un miscuglio ibrido e esplosivo, tra Tricky, Massive
Attack o Ezechiel. Una musica groovy ed espresionista. Con un electro-dub-rock,
moderno e molto fisico, VUNENY testimonia che nei Balcani, Goran Bregovic rimane
solo una "trappola per turista".
Ultimamente, VUNENY ha composto la colonna sonora del lungo metraggio "Pljuska"
(di Marko Ferkovic, Croazia) e un cine-concerto su il film "Paris dort" (di René
Clair) per il Festival del Corto di Mostar (Bosnia Erzegovina - estate 2005).
In poco più di due anni, Vuneny ha dato più di 190 concerti in Bosnia Erzegovina,
Croazia, Serbia, Slovenia, Germania, Danimarca, Austria, Belgio, Olanda, Francia.
Qualche date : Festival del corto metraggio, Mostar 2003, 2005 (B-H)/ Festival
Interculturale di Mostar, 2003, 2004 (B-H) / Festival Du Monde aux Balkans,
Grenoble et Toulouse 2003 / Metamedia Festival, Pula 2003 (Croatie) / Mostar
Summer Festival, Mostar 2004 (B-H) / Festival Ex-Yu Rocks, Travnik, Jablanica
2004, 2005 (B-H) / Sarajevo Film Festival, Sarajevo 2004, 2005 (B-H) / Coltan,
Bihac 2004, 2005 (B-H) / Balkan Black Box, Berlin 2004 / Forbidden fruits of civil
society, Amsterdam 2004 / Sea Splash Reggae Fest, Pula 2005 (Croatie) /
Medditerranean Social Forum, Barcelona 2005 / Revival festival, Sarajevo 2005
(B-H) / Operacija Grad, Zagreb 2005 (Croatie) / Biennale of young artists of
Medditerranean and Europe, Napoli 2005 (IT)
Vuneny ha diviso il palco con: Transglobal Underground (UK), Howie B (UK),
Overproof Soundsystem (UK), Watcha Clan (F)...
Discografia: Sturm und drang, 2003 / Otonom kolektiv live studio session, 2003 /
Play that Silence, Buybook (B-H), 2004 / Play that Silence, ristampa,, Zvuk
Mochvare (Croatie), 2004 / Pljuska O.S.T., colonna sonora del film "Pljuska,"
Buybook (B-H), 2005
Techno ? House ? Elettronica ? . e ben oltre. Il cuore nero di New York City.
Con i loro agghiaccianti incubi metropolitani in salsa elettro-punk, i newyorkesi
Suicide (Martin Rev + Alan Vega) avevano creato nel 1976 un sound tra i più
innovativi dell'intera new wave, gettando le basi per quasi tutto il rock di
matrice elettronica delle generazioni successive
I Suicide sono stati una delle band più provocatorie e influenti dell'intero
movimento new wave. Il loro punk elettronico, sfondo ideale per storie d'angoscia
e alienazione metropolitana, ha costituito un riferimento costante per le band
degli anni Ottanta, aprendo la strada, in particolare, alle generazioni del
synth-pop, dell'industrial e della techno.
La band nasce a New York da un'idea di Alan Vega e Martin Rev. Il primo, scultore
di luci e artista d'avanguardia, ha una formazione più rock, mentre il secondo,
musicista di free jazz, incarna l'anima punk-wave del gruppo. I due si incontrano
nel 1971 al Project, una galleria newyorkese aperta a eventi artistici di vario
genere, e decidono di formare un gruppo scegliendo il nome oltraggioso di Suicide.
Le loro prime performance avvengono sul palco del Mercer Art Center, uno dei
templi dell'intellighenzia musicale della Grande Mela. Il duo suona blues
spettrali e apocalittici, con Rev, sepolto dietro le tastiere, a intessere riff
ossessivi e alienanti, e Vega a declamare storie raggelanti d'amore e morte.
Il risultato è un saggio di musica di ricerca, proiettata nel futuro ma con i
piedi nel rock brado di Stooges e Velvet Underground. Il tappeto analogico delle
tastiere di Rev si combina con il canto psicotico di Vega, fatto anche di silenzi,
gemiti, riverberi, trascinando l'ascoltatore in una trance senza via d'uscita.
Atmosfere tenere e perverse, rockabilly elettronico, battito futuribile,
pulsazioni anemiche, incubo industriale, base ossessiva che ricalca in maniera
nevrotica i ritmi del lavoro in fabbrica e della catena di montaggio, vortice di
rumori e cacofonie indistinte, sussurri e grida lancinanti, angosciata
rappresentazione della decadenza post-industriale, a metà tra teatro dell'assurdo
e film dell'orrore, Suicide afferma anche un nuovo linguaggio, non espressivo,
ripetitivo e distaccato, che cancella ogni traccia di soggettività ed emotività,
portando a una stasi quasi catatonica. Un'opera seminale, che getterà le basi per
la quasi totalità della musica di matrice elettronica di lì a venire. Senza quel
prototipo, per quanto grezzo ed ermetico, gruppi degli anni '80 come Devo,
Ultravox, Depeche Mode, Jesus and Mary Chain, Sisters of Mercy o dei '90, come
Daft Punk, Chemical Brothers (solo per citarne alcuni), forse, non sarebbero
esistiti o comunque non sarebbero mai stati gli stessi.
La musica di Rev scava nel malessere americano con una grande carica espressiva, e
crea malessere. Una musica ancora una volta gelida, torbida, lacerata: una miscela
di pulsazioni hip-hop, funk digitale, dub e house, rap, iniezioni di techno,
chitarre metal e synth ossessivi. E' la colonna sonora di un mondo corrotto e in
macerie. Una incertezza che da New York si estende al mondo. Il lato oscuro e la
cattiva coscienza dell''american way of life', il vicolo cieco in cui essa si è
cacciata, sviscerato da Rev con consumata e straordinaria potenza espressiva.. Un
rinnovato cronico malessere americano, sviscerato da Martin Rev con consumata e
straordinaria potenza espressiva. Techno ? House ? Elettronica ? . e ben oltre.
Martin Rev (tastiere, electronics, voce,)
http://www.martinrev.com/
DJ crew CONTAMINATED POPULATION
+ HATE CORPORATION (I)
Grand-Final. No surrender. Dance-hall fino alle 4 della notte.
+ Ore 01.00 fino all'alba. Wake Up, Via Andrea Doria. Party conclusivo con
MamaKiller Dj Set
Con l'intervento della
Regione Abruzzo
e il patrocinio del
Comune di Pescara
Assessorati Turismo e Grandi Eventi/ Ambiente/Sport/Cultura
In collaborazione con:
IndieRocket (I)
Lap Dance Promotion (I)
Radio Città Pescara / Popolare Network
Intercity Magazine (Pescara, I)
Wake Up ! (Pescara, I)
Arteficio (Pescara, I)
Mente Locale (Pescara, I)
Music Club
Blow Up
Rumore
Succo Acido
Mucchio Selvaggio
Losing Today
Communication Factory, agenzia di comunicazione (Maglie, I)
Promo Pop, agenzia di comunicazione (Milano, I)
Centro culturale Abrasevic / Mostar (Mostar, Bosnia-Erzegovina)
Centro culturale Kino-Bosna (Sarajevo, Bosnia-Erzegovina)
Associazione culturale Drustvo za zascito ateisticnih custev (Ljubljana, Slovenia)