Messaggio del 04-03-2010 alle ore 17:45:42
Migliaia di lavoratori scioperano per paura della disoccupazione
Ovunque in Europa la disoccupazione aumenta a causa della recessione. E’ così anche in Italia, dove gli ammortizzatori sociali consistono per lo più nell’avere buoni rapporti con la propria famiglia.
Le sue callose mani opeaie sono quasi congelate, ma il metalmeccanico Pietro Bresciani (55 anni e 36,5 anni di servizio) tiene duro. Da metà settembre, insieme a 181 colleghi picchetta l’entrata della fabbrica di parti di ricambio per motori di auto a Desenzano del Garda, nel Nord Italia. Si alternano in tre turni giornalieri di otto ore. Nessun camion passa e nessun ordine dei clienti parte. E’ dura, ma il morale è alto. Pensano di avere in pugno il loro datore di lavoro, la multinazionale Federal Mogul. Siamo stati buttati in strada come zombie ma lotteremo fino alla fine. Non abbiamo più nulla da perdere. Di qui non passa nessuno fino a quando non sarà raggiunto un accordo.
La loro protesta è una delle molte decine nelle fabbriche italiane. Davanti ai cancelli o addirittura dai tetti, i lavoratori di multinazionali, di ditte italiane e dipendenti statali chiedono a gran voce l’attenzione del governo e la fine dei licenziamenti.
Con loro grande frustrazione, il governo non fa altro che, di volta in volta, ripetere che in Italia le cose vanno abbastanza bene, la crisi non c’è e anche se ci fosse la ripresa è in corso. Questo è il messaggio del governo che da mesi risuona nei telegiornali, ma intanto il PIL è già diminuito, a partire dall’inizio della crisi, del 6,5%. Persino gli Stati Uniti e la Spagna hanno fatto di meglio
Bresciani e i suoi uomini presidiano il sito anche di notte. Con l’aiuto della CGIL, il sindacato comunista (sic, ndt), hanno costruito una baracca e una tettoia in prossimità dei cancelli per proteggersi dal freddo e hanno stufe a gas. I pasti vengono distribuiti dal sindacato e dalle famiglie degli operai. Il cancello non viene mai lasciato incustodito per evitare che i proprietari spostino i macchinari in altre filiali in Germania e in Polonia: Non lo permetteremo. Sarebbe la nostra morte, sostiene Denis Ferzadenis (29 anni), un giovane portatore di handicap a un braccio che, dopo sette anni di ricerche, aveva appena trovato questo lavoro e che teme ora di non riuscire mai più a trovare qualcos’altro.
La multinazionale americana Federal Mogul ha comunicato agli operai che la fabbrica chiuderà alla fine dell’anno. Secondo i lavoratori il proprietario della fabbrica, che nel 2007 lavorava ancora in attivo, vuole vendere perchè il terreno sul lago di Garda vale più di quanto renda la produzione di motori. Mediante il blocco sperano di evitare che questo accada.
L’anno scorso, più di mezzo milione di italiani hanno perso il lavoro. L’economo Tito Boeri dell’Università Bocconi di Milano ritiene che dall’inizio della crisi siano addirittura andati perduti 718.000 posti di lavoro. Due terzi dei quali precari, e solo il 10% delle persone, secondo le cifre dell’Istat, ricevono un sussidio. Inoltre, circa mezzo milione di lavoratori è stato messo in cassa integrazione, totale o parziale, con un sussidio di massimo 850 euro ma non sono ancora stati licenziati. Se riusciranno a mantenere il posto quando l’economia si riprenderà, è ancora tutto da vedere. Boeri sottolinea che sono i giovani in particolare ad essere pesantemente colpiti. La disoccupazione giovanile in Italia è aumentata, nell’arco di un anno, dal 18% al 27% e come sempre è la famiglia a farsi carico dei disoccupati.
Disoccupazione
In Italia il numero dei disoccupati cresce rapidamente ma il governo fa poco per combattere la crisi. Nonostante questo in Italia non c’è traccia di una rivolta sociale di massa. La famiglia tappa sempre i buchi di cui la società si disinteressa. Contemporaneamente Berlusconi e il suo Ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, provano a nascondere la loro immobilità nel combattere la crisi con discorsi incoraggianti. Solo perchè gli Stati Uniti, la Francia e la Germania hanno stimolato la propria industria automobilistica con incentivi alla rottamazione, anche l’Italia non ha potuto farne a meno. Inoltre il governo prova a sostenere il settore edile a costo zero permettendo di ampliare fino a un terzo della propria casa senza troppi permessi. Secondo Boeri l’Italia ha investito solo tre miliardi di euro netti in misure per lo sviluppo.
Il governo è impotente. Il suo spazio di manovra viene enormemente limitato dal gigantesco debito pubblico che in due anni è aumentato da 1600 a 1800 miliardi euro, pari al 118 % del PIL. L’Italia deve perciò pagare annualmente da 10 a 15 miliardi extra di interessi sul debito pubblico. Il Ministro delle Finanze Tremonti ha dovuto applicare una variante italiana della legge Zalm (ex Ministro delle Finanze olandese, ndt), non accetta cioè ulteriori spese legate allo sviluppo dai suoi colleghi ministri perchè l’UE pretende che tenga sotto controllo il disavanzo pubblico. Nel 2009, questo resterà sotto il 5% e la stessa previsione vale anche per il 2010. Questo è anche possibile grazie a un generoso condono grazie al quale 80 miliardi di fondi neri depositati all’estero rientreranno in Italia. Gli evasori dovranno pagare solo un’unica tassa del 5% su questi 110 miliardi (sic, ndt) e nessuno gliene chiederà la provenienza. Questo fa anche comodo alla mafia, sostengono i politici dell’opposizione e l’antimafia, che temono la possibilità che la criminalità con questi fondi acquisisca (diverse) aziende in buona fede di ogni genere, conquistando così un maggiore controllo sull’economia.
Nonostante la loro limitata disponibilità finanziaria, Berlusconi e Tremonti sottolineano la forza del sistema Italia. Nessuna banca è fallita, la flessibile industria manifatturiera è sui blocchi di partenza per approfittare di una ripresa economica altrove nel mondo, la fiducia dei consumatori cresce e gli italiani hanno un debito privato inferiore rispetto agli altri europei. Boeri conferma che l’Italia aveva le carte in mano per fare meglio di altri paesi. “Il mercato immobiliare non è crollato ma questo non può assolutamente nascondere il fatto che l’Italia, dal punto di vista macro-economico, da anni presta peggio degli altri. Le cause sono la bassa produttività e l’occupazione, gli alti costi del sistema pensionistico, la mancanza di investimenti nella ricerca, la corruzione e la burocrazia.”
Il Ministro Tremonti, poco prima di Natale, si è complimentato con gli italiani per la loro tenacia in tempo di crisi. Gli italiani hanno fiducia nell’Italia e nel governo e il governo ha fiducia negli italiani. In precedenza aveva affermato: “dovremmo erigere un monumento al risparmiatore italiano”. Questi, secondo lui, ha fatto sì che i consumi non crollassero e che i disoccupati non restassero senza sussidi.
Durante una delle due grandi manifestazioni organizzate dal sindacato comunista – il più grande del Paese con 3 milioni di iscritti – lo scorso mese a Roma contro la disoccupazione, i dimostranti disoccupati confermano che grazie alle loro famiglie parsimoniose riescono a cavarsela nonostante la perdita del reddito. Oltre che nonno-baby sitter sono ora anche nonno-banca, dice Roberto – che non desidera rendere noto il suo cognome – dalla regione Veneto nel Nord-Est. Deve infatti mantenere suo figlio più giovane che ha perso il posto di lavoro.
Nel corteo ci sono molti giovani che affermano che è una benedizione il fatto di vivere ancora a casa dei genitori a 30, 40 anni. Due anni fa venivamo ancora derisi quali bamboccioni dall’allora Ministro delle Finanze, dice Enrico Saggia di Modena. Non è mai stato divertente essere giovani e non poter vivere in modo indipendente, perchè un mutuo non si può pagare con un reddito mensile netto di 1000 euro. Ora che la crisi minaccia di farmi perdere il lavoro è una fortuna abitare ancora con i miei. Il datore di lavoro di Saggia ha lavoro un mese sì e uno no. Saggia prende 750 euro netti quando non c’è lavoro. “Siccome i miei genitori lavorano ancora, insieme, per ora, ce la facciamo”.
Per i lavoratori, il peggio deve ancora venire
Saggia, lo scorso novembre, si è recato con altri 50.000 lavoratori a Piazza del Popolo a Roma, dove la CGIL voleva mostrare le faccie della crisi. L’intento della manifestazione era quello di far vedere che la crisi esiste sul serio anche se il governo vuol far credere il contrario. La crisi non è una favola ha detto il leader sindacale Guglielmo Epifani. Se sento dire che il peggio è passato mi chiedo, per chi? Forse per chi investe in borsa. Forse per quelle banche che risparmiano molto e concedono poco credito alle aziende. Per i lavoratori il peggio deve ancora venire.
Gli imprenditori si lamentano dell’inerzia del governo, che disconosce l’esistenza della crisi e che si occupa principalmente di litigi interni. A Leno, non lontanto dalla fabbrica dove Bresciani lotta per il suo posto di lavoro, il comitato provinciale di Confindustria analizza la situazione. Solo nella loro provincia industrializzata di Brescia, lo scorso anno si sono persi 25.000 posti di lavoro su un totale di 220.000. Si tratta di aziende dei settori metallurgico e tessile, ma anche dei trasporti e dell’ edilizia. Mediamente la produzione è scesa del 20% ma nel metallurgico il calo è stato spesso del 40% e più. E’ terribile, la ripresa non c’è proprio, sostiene il vicepresidente dell’organizzazione locale degli imprenditori, B. Bertolli. Il Paese viene lasciato al suo destino dal governo.
Il presidente Giancarlo Dallera, la cui fabbrica di cerchioni si trova come altre in gravi problemi, prova a risollevare il morale dei soci. Dallera sottolinea che l’essere uniti è di importanza vitale per spingere governo e banche ad una maggiore attività. Anche lui però prevede che ci vorranno sicuramente ancora cinque anni per riportare l’Italia ai livelli del 2007. Sempre che succeda, la cosa andrà però sicuramente a braccetto con un’ulteriore riduzione dei posti di lavoro.
L’imprenditore Andrea Donato, proprietario di una fabbrica che produce parti di motori in alluminio, è disperato. Il suo fatturato è diminuito del 45% e le banche non gli concedono credito se non sana l’azienda. Deve licenziare 40 dipendenti ma questo non è possibile senza il benestare del sindacato. “Vogliono restare nell’azienda ancora due anni con un sussidio statale nella speranza che l’economia si riprenda. E’ solo il rinvio dell’esecuzione.”
Ma ci sono anche imprenditori che crescono. Alberto Volpi, produttore di prosciutti e salami, l’anno scorso ha visto crescere il suo fatturato del 28% per un totale di 180 milioni di euro. Volpi rifornisce i supermercati e approfitta del fatto che un numero sempre maggiore di italiani limita il loro budget e non comprano più carne dai macellai specializzati.
Anche il produttore di armi Franco Gussalli Beretta è ottimista. Co-proprietario di quella che lui stesso definisce l’azienda di famiglia più antica del mondo, la Beretta (fatturato 400 milioni), lo scorso gennaio ha ricevuto un ordine dall’esercito americano per 450.000 pistole. La sua scelta, sette anni fa, di investire molto più nella difesa oltre che nel settore della caccia, in questi tempi incerti sta dando i suoi frutti: “Ci sono molti problemi di sicurezza nel mondo. La gente spende di più per la difesa personale e questo porta a un aumento delle vendite.” Beretta non teme nemmeno che i suoi dipendenti blocchino i cancelli della fabbrica per salvaguardare il posto di lavoro. La crisi mondiale garantisce sia a loro che a lui un roseo futuro.
Molti lavoratori in nero
Secondo le cifre ufficiali, attualmente 2 milioni di italiani sono disoccupati (8,2%). In realtà sono molti di più, in quanto un numero sempre maggiore non si prende più neanche la briga di cercare lavoro e iscriversi alle liste di collocamento. L’occupazione in Italia è già da anni una delle più basse in Europa: 57,6% contro il 77% in Olanda. Secondo l’Istat sono 15 milioni gli italiani tra i 15 e i 64 anni a non essere inclusi nelle statistiche del mercato del lavoro. Tra i 25 e i 35 anni, non lavorano nè studiano più di 2,5 milioni di persone. Un folto gruppo di italiani non inclusi in queste statistiche sono costretti a lavorare in nero (il giro d’affari dell’economia sommersa per il prossimo anno è stimato in 270 miliardi di euro).