Cultura & Attualità
non ho bisogno della tua firma !
Messaggio del 07-03-2010 alle ore 12:10:04
Care pirla e cari pirla che avete consumato
diottrie a studia...rvi le norme elettorali fino
all’ultimo codicillo in corpo 2, avete consumato
scarpe andando in giro a raccogliere firme
regolari, vi siete congelati stazionando per ore ai
banchetti per convincere i passanti a sottoscrivere le
liste, avete rinunciato al tempo libero per inseguire gli
autenticatori in capo al mondo e vi siete svegliati alle
tre del mattino per presentarvi per tempo agli uffici
elettorali, questo discorso a reti unificate è dedicato a
voi imbecilli ancora convinti di vivere in uno Stato di
diritto, in una democrazia fondata su elezioni regolari,
cioè conformi alle leggi vigenti. Spiacente di
informarvi, casomai non ve ne foste ancora accorti,
che viviamo in un regime fondato sulla legge del più
ricco e del più forte, di chi grida e minaccia di più. Una
legge che varia a seconda delle esigenze del più
prepotente. Se, puta caso, costui viola la legge, non ha
sbagliato lui: è sbagliata la legge, che viene cambiata su
due piedi. Se poi, puta caso, la Costituzione non lo
consente, non è sbagliata la nuova legge: è sbagliata la
Costituzione. Che si può cambiare come un calzino
s p o rc o .
Se penso che da cinquant’anni mi chiamano “il figlio
del re” per la mia somiglianza con Umberto II, mi
scompiscio. Hanno sbagliato re: io sono l’erede di
Vittorio Emanuele III, quello che nel 1922 non mosse
un dito contro la marcia su Roma e nel 1943 se ne
fuggì a Brindisi. Sempre di notte. Infatti quando ho
firmato il decreto salva-Banana? Di notte. Del resto
chi sono io per respingere una legge con messaggio
motivato alle Camere come previsto dall’articolo 74
della Costituzione? Mica sono il garante della
Costituzione. L’ho già detto per lo scudo fiscale: se
non firmo, quelli mi rimandano indietro la stessa
legge e poi devo firmarla comunque. Tanto vale farlo
subito. A chi mi prospetta le dimissioni, rispondo che
non conosco questa parola: sono in Parlamento dal
1953, figuriamoci. E in vita mia ho fatto ben di peggio
che firmare leggi illegali: ho plaudito all’i nva s i o n e
sovietica dell’Ungheria, ho attaccato Berlinguer che
evocava la questione morale, ero amico di Craxi, ho
scritto pure alla vedova che il marito corrotto era un
per seguitato.
Conosco l’obiezione: non c’è elezione senza qualche
lista esclusa per ritardi o irregolarità. In Molise nel
2000 aveva vinto la sinistra con Giovanni Di Stasi, poi
la destra di Michele Iorio fece ricorso contro alcune
liste irregolari, Tar e Consiglio di Stato lo accolsero, si
rifecero le elezioni e vinse Iorio che ancora governa.
E il governo D’Alema non ci pensò neppure di fare un
decreto per legalizzare le illegalità: peggio per lui, poi
dicono che è intelligente. Del resto al Quirinale c’e ra
ancora Ciampi, mica io. Due anni fa invece c’ero già
io, quando alle Provinciali in Trentino venne esclusa,
dopo i ricorsi di Lega e Pdl, la lista Udc alleata della
sinistra. Nemmeno allora l’Unione pensò di salvare
l’alleato con un decreto interpretativo: peggio per
loro, pirla.
Ecco, care pirla e cari pirla: la prossima volta, anziché
prendere sul serio la legge e rischiare l’a s s i d e ra m e n t o
per raccogliere le firme e presentarle in tempo utile,
fate come me: statevene a casetta vostra davanti al
caminetto, con la vestaglia di lana e le babbucce di
velluto. Poi fate come i bananieri: all’ultima ora
dell’ultimo giorno vi presentate in Corte d’Ap p e l l o
con le firme tarocche di Romolo Augustolo, George
Clooney, Giovanni Rana e soprattutto Gambadilegno,
magari vi fate pure un panino e una pennica per non
arrivare proprio in orario, poi minacciate la marcia su
Roma, portate in piazza una dozzina di esaltati, mi
urlate “buh” sotto le finestre del Quirinale, mi fate
sparare dai vostri giornali e io vi firmo la qualsiasi.
Anche la lista della spesa, il menu del ristorante, la
ricevuta del parrucchiere, lo scontrino
dell’intimissimo. Tanto Santoro l’hanno chiuso e per
un mese non rompe con le sue notizie: fa tutto
Minzolini, che sta dalla parte del Banana, cioè dalla
mia. Statemi allegri. Il vostro presidente della
Repubblica. Vostro, si fa per dire.
Marco Travaglio
7 MARZO
Di:RESISTENZA ANTIBERLUSCONIANA
Care pirla e cari pirla che avete consumato
diottrie a studia...rvi le norme elettorali fino
all’ultimo codicillo in corpo 2, avete consumato
scarpe andando in giro a raccogliere firme
regolari, vi siete congelati stazionando per ore ai
banchetti per convincere i passanti a sottoscrivere le
liste, avete rinunciato al tempo libero per inseguire gli
autenticatori in capo al mondo e vi siete svegliati alle
tre del mattino per presentarvi per tempo agli uffici
elettorali, questo discorso a reti unificate è dedicato a
voi imbecilli ancora convinti di vivere in uno Stato di
diritto, in una democrazia fondata su elezioni regolari,
cioè conformi alle leggi vigenti. Spiacente di
informarvi, casomai non ve ne foste ancora accorti,
che viviamo in un regime fondato sulla legge del più
ricco e del più forte, di chi grida e minaccia di più. Una
legge che varia a seconda delle esigenze del più
prepotente. Se, puta caso, costui viola la legge, non ha
sbagliato lui: è sbagliata la legge, che viene cambiata su
due piedi. Se poi, puta caso, la Costituzione non lo
consente, non è sbagliata la nuova legge: è sbagliata la
Costituzione. Che si può cambiare come un calzino
s p o rc o .
Se penso che da cinquant’anni mi chiamano “il figlio
del re” per la mia somiglianza con Umberto II, mi
scompiscio. Hanno sbagliato re: io sono l’erede di
Vittorio Emanuele III, quello che nel 1922 non mosse
un dito contro la marcia su Roma e nel 1943 se ne
fuggì a Brindisi. Sempre di notte. Infatti quando ho
firmato il decreto salva-Banana? Di notte. Del resto
chi sono io per respingere una legge con messaggio
motivato alle Camere come previsto dall’articolo 74
della Costituzione? Mica sono il garante della
Costituzione. L’ho già detto per lo scudo fiscale: se
non firmo, quelli mi rimandano indietro la stessa
legge e poi devo firmarla comunque. Tanto vale farlo
subito. A chi mi prospetta le dimissioni, rispondo che
non conosco questa parola: sono in Parlamento dal
1953, figuriamoci. E in vita mia ho fatto ben di peggio
che firmare leggi illegali: ho plaudito all’i nva s i o n e
sovietica dell’Ungheria, ho attaccato Berlinguer che
evocava la questione morale, ero amico di Craxi, ho
scritto pure alla vedova che il marito corrotto era un
per seguitato.
Conosco l’obiezione: non c’è elezione senza qualche
lista esclusa per ritardi o irregolarità. In Molise nel
2000 aveva vinto la sinistra con Giovanni Di Stasi, poi
la destra di Michele Iorio fece ricorso contro alcune
liste irregolari, Tar e Consiglio di Stato lo accolsero, si
rifecero le elezioni e vinse Iorio che ancora governa.
E il governo D’Alema non ci pensò neppure di fare un
decreto per legalizzare le illegalità: peggio per lui, poi
dicono che è intelligente. Del resto al Quirinale c’e ra
ancora Ciampi, mica io. Due anni fa invece c’ero già
io, quando alle Provinciali in Trentino venne esclusa,
dopo i ricorsi di Lega e Pdl, la lista Udc alleata della
sinistra. Nemmeno allora l’Unione pensò di salvare
l’alleato con un decreto interpretativo: peggio per
loro, pirla.
Ecco, care pirla e cari pirla: la prossima volta, anziché
prendere sul serio la legge e rischiare l’a s s i d e ra m e n t o
per raccogliere le firme e presentarle in tempo utile,
fate come me: statevene a casetta vostra davanti al
caminetto, con la vestaglia di lana e le babbucce di
velluto. Poi fate come i bananieri: all’ultima ora
dell’ultimo giorno vi presentate in Corte d’Ap p e l l o
con le firme tarocche di Romolo Augustolo, George
Clooney, Giovanni Rana e soprattutto Gambadilegno,
magari vi fate pure un panino e una pennica per non
arrivare proprio in orario, poi minacciate la marcia su
Roma, portate in piazza una dozzina di esaltati, mi
urlate “buh” sotto le finestre del Quirinale, mi fate
sparare dai vostri giornali e io vi firmo la qualsiasi.
Anche la lista della spesa, il menu del ristorante, la
ricevuta del parrucchiere, lo scontrino
dell’intimissimo. Tanto Santoro l’hanno chiuso e per
un mese non rompe con le sue notizie: fa tutto
Minzolini, che sta dalla parte del Banana, cioè dalla
mia. Statemi allegri. Il vostro presidente della
Repubblica. Vostro, si fa per dire.
Marco Travaglio
7 MARZO
Di:RESISTENZA ANTIBERLUSCONIANA

Messaggio del 07-03-2010 alle ore 11:46:34
«Non ho bisogno della tua firma». Duro, durissimo Silvio Berlusconi al Capo dello Stato è arrivato a prospettare non solo l’inutilità della sua firma sotto al decreto legge, ma anche l’uso della piazza per contestare «una decisione che priva del diritto di voto milioni di cittadini».
La tensione con Giorgio Napolitano della sera precedente è stato di una durezza tale che solo ieri mattina è stato - forse soltanto in parte - recuperato il rapporto tra i due grazie alla telefonata che ieri mattina Gianni Letta ha imposto al Cavaliere: «Chiama Napolitano altrimenti non ne usciamo». Il consiglio del sottosegretario e di qualche ministro è stato raccolto dal presidente del Consiglio solo nella tarda mattinata.
Ripristinato un clima di «confronto istituzionale», come ieri sostenevano alcuni deputati del Pdl, è ripresa una trattativa difficile e complicata dalla voglia del Cavaliere di ”mettere una pezza” anche sul pasticcio compiuto a Roma, mentre leghisti ed ex An mostravano qualche cautela in più nei confronti del presidente della Repubblica e si sarebbero accontentati di sanare le irregolarità milanesi.
Fini e Berlusconi però non ci stavano a veder sacrificato il Lazio per colpa di una baruffa interna al Pdl romano. Mentre il presidente della Camera si è però mantenuto in posizione defilata pur dando il suo via libera, il Cavaliere, sbollita l’ira nei confronti del partito, ha puntato diritto ad un provvedimento d’urgenza superando anche l’iniziale «niente decreto» che il ministro Maroni aveva pronunciato qualche giorno fa.
Proprio al ministro dell’Interno è toccato ieri il compito di scendere in sala stampa per spiegare il testo di un decreto che di fatto sana le irregolarità di Milano e permette al Pdl romano di presentarsi nuovamente negli uffici elettorali.
La trattativa con il Colle ha fatto slittare di oltre un’ora il consiglio dei ministri e il via-vai di bozze e note con i tecnici del Quirinale è andato avanti mentre il Cavaliere al telefono parlava ai partecipanti di una manifestazione elettorale. Trovata la quadra solo poco prima delle dieci di sera, è iniziato un consiglio dei ministri riunitosi a ranghi ridotti per le numerosissime assenze.
Intorno ad un tavolo oltre al presidente del Consiglio, i ministri Maroni, Calderoli, Meloni e La Russa. La discussione è stata breve anche perché la pattuglia dei ministri presenti aveva sperimentato nei giorni scorsi la furia del presidente del Consiglio. La stessa che la sera precedente il Cavaliere era riuscito a sbollire solo verso le due di mattina grazie alla compagnia di un gruppo di giovani che il presidente del Consiglio ha fatto salire a palazzo Grazioli per «una pizzetta».
Restano ora nel Pdl la preoccupazione per le conseguenze del braccio di ferro ingaggiato con Quirinale giovedì sera alla presenza dei ministri La Russa, Maroni, Calderoli e del sottosegretario Letta. «Per un momento ho temuto che venissimo sbattuti fuori - ha raccontato uno dei ministri presenti alla scena - i due non si sono nemmeno salutati».
Se per il ministro Gelmini «il decreto non è assolutamente un golpe», per Berlusconi rischiare di perdere un milione di voti e una regione era troppo pericoloso e in grado di compromettere anche la tenuta del governo. Il grazie che nella tarda serata di ieri il presidente del Consiglio tributa alle «istituzioni per la collaborazione» e non al Quirinale, la dice lunga sull’entità dello strappo.
fonte il messaggero.it
dovremmo cacciarli a calci in culo a tutti, per primo a napolitano.....
«Non ho bisogno della tua firma». Duro, durissimo Silvio Berlusconi al Capo dello Stato è arrivato a prospettare non solo l’inutilità della sua firma sotto al decreto legge, ma anche l’uso della piazza per contestare «una decisione che priva del diritto di voto milioni di cittadini».
La tensione con Giorgio Napolitano della sera precedente è stato di una durezza tale che solo ieri mattina è stato - forse soltanto in parte - recuperato il rapporto tra i due grazie alla telefonata che ieri mattina Gianni Letta ha imposto al Cavaliere: «Chiama Napolitano altrimenti non ne usciamo». Il consiglio del sottosegretario e di qualche ministro è stato raccolto dal presidente del Consiglio solo nella tarda mattinata.
Ripristinato un clima di «confronto istituzionale», come ieri sostenevano alcuni deputati del Pdl, è ripresa una trattativa difficile e complicata dalla voglia del Cavaliere di ”mettere una pezza” anche sul pasticcio compiuto a Roma, mentre leghisti ed ex An mostravano qualche cautela in più nei confronti del presidente della Repubblica e si sarebbero accontentati di sanare le irregolarità milanesi.
Fini e Berlusconi però non ci stavano a veder sacrificato il Lazio per colpa di una baruffa interna al Pdl romano. Mentre il presidente della Camera si è però mantenuto in posizione defilata pur dando il suo via libera, il Cavaliere, sbollita l’ira nei confronti del partito, ha puntato diritto ad un provvedimento d’urgenza superando anche l’iniziale «niente decreto» che il ministro Maroni aveva pronunciato qualche giorno fa.
Proprio al ministro dell’Interno è toccato ieri il compito di scendere in sala stampa per spiegare il testo di un decreto che di fatto sana le irregolarità di Milano e permette al Pdl romano di presentarsi nuovamente negli uffici elettorali.
La trattativa con il Colle ha fatto slittare di oltre un’ora il consiglio dei ministri e il via-vai di bozze e note con i tecnici del Quirinale è andato avanti mentre il Cavaliere al telefono parlava ai partecipanti di una manifestazione elettorale. Trovata la quadra solo poco prima delle dieci di sera, è iniziato un consiglio dei ministri riunitosi a ranghi ridotti per le numerosissime assenze.
Intorno ad un tavolo oltre al presidente del Consiglio, i ministri Maroni, Calderoli, Meloni e La Russa. La discussione è stata breve anche perché la pattuglia dei ministri presenti aveva sperimentato nei giorni scorsi la furia del presidente del Consiglio. La stessa che la sera precedente il Cavaliere era riuscito a sbollire solo verso le due di mattina grazie alla compagnia di un gruppo di giovani che il presidente del Consiglio ha fatto salire a palazzo Grazioli per «una pizzetta».
Restano ora nel Pdl la preoccupazione per le conseguenze del braccio di ferro ingaggiato con Quirinale giovedì sera alla presenza dei ministri La Russa, Maroni, Calderoli e del sottosegretario Letta. «Per un momento ho temuto che venissimo sbattuti fuori - ha raccontato uno dei ministri presenti alla scena - i due non si sono nemmeno salutati».
Se per il ministro Gelmini «il decreto non è assolutamente un golpe», per Berlusconi rischiare di perdere un milione di voti e una regione era troppo pericoloso e in grado di compromettere anche la tenuta del governo. Il grazie che nella tarda serata di ieri il presidente del Consiglio tributa alle «istituzioni per la collaborazione» e non al Quirinale, la dice lunga sull’entità dello strappo.
fonte il messaggero.it
dovremmo cacciarli a calci in culo a tutti, per primo a napolitano.....
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