Cultura & Attualità
Chi è interessato a capire chi gestisce i poteri occulti della società italiana "La Massoneria" si riunisce all'hotel Esplanade, stasera, giovedì ore 20:30 a Pescara, tutti i forumiani-fan sono invitati a partecipare… non graditi ruffiani.

Caccia alle streghe?
In tempi di crisi la caccia alle streghe, agli ebrei, agli extracomunitari, rom, omosessuali, massoni, comunisti, etc. ottiene sempre un grande successo tra gli strati più poveri ed ignoranti della popolazione.

ci manca il pezzo finale al titolo:
...CAZZISTI!!

@Uana :

poverini.... e pensare che stavo informando i forumiani su qualcosa di molto serio.. caccia alle streghe? coda di paglia?

tra gli strati più poveri ed ignoranti della popolazione.
sei sicuro che sia proprio così?
monique informaci allora, chi sarebbero questi gestori?
A Olmo di Riccio domani sera c'è una riunione degli iscritti alla bocciofila, tutti i foruminai sono invitati a partecipare.

Crasso,
sì, per lo meno così è successo in Inghilterra ai tempi della caccia alle streghe, in Germania al tempo del nazismo ed in Russia al termine dello zarismo.

molto serio??
"chi gestisce i POTERI OCCULTI della massoneria??"
è serio???
Frechete, nin tenete proprie nu cazz da fare. Beati voi.
la regina elisabetta

RubyRubacazzi & BerlyRubasticchi

che permalosità baby... nervi scoperti direi... ma non vi preoccupate: la massoneria fa tutto alla luce del sole...

sci ma chi so sti massoni ce lo vuoi dire o noooo??????

sei per caso entrata pure tu a far parte della loggia?
Monique, mai pensato al valium????...
sì Ramblè ma non so dove incontrarti.

x Treble: nelle logge le donne non hanno spazio...
Preferisco gli acidi...
Bene Monique, ti sono vicino.
State ironizzando la questione massoneria, e in altri post sono giorni che parlate di politica cittadina in vista delle comunali. Come se la stragrande maggioranza dei lancianesi che ricoprono ruoli istituzionali non facesse parte di una delle DUE logge presenti in città, la quale ha una tradizione massonica più forte di qualsiasi altro paese in Abruzzo

bene bene, vedo che non sono proprio rimbambita e qualcosa della vostra Lanciano non mi sfugge. Qualcuno con dai alla mano può smentire Caid? dati alla mano non insulti. o banniamo il post? sarò anche vecchia ma non di cervello né di memoria.
Monique e Caid,
eccomi qua, devo smentire subito Caid. A Lanciano le Logge sono 3 e non 2.

senta Lei con la foto da lattante, è un'aggiunta non una smentita. Ringrazio per le notizie che emergono pian piano, il corollario si fa sempre più ampio. Ma secondo me c'è qualcuno ancora che potrebbe intervenire.

A 3 anni non bevevo più il latte da un pezzo

Prendersela con la massoneria ufficiale è ridicolo, bisogna attaccare semmai le cricche varie ed i comitati d'affari all'ombra del potere pubblico che inquinano la democrazia politica ed economica di questo Paese.
le cricche varie ed i comitati d'affari all'ombra del potere pubblico che inquinano la democrazia politica ed economica di questo Paese.

La massoneria ufficiale non rientra in nessuna delle inchieste di questi anni perché le lobbies non hanno tempo da perdere con il Grande Architetto dell'Universo o con la Fratellanza universale. Vanno direttamente nella stanza dei bottoni e lì dettano le Leggi di comodo, i finanziamenti per gli amici degli amici e le nomine giuste sempre per gli amici degli amici. Lasciamo alla massoneria lo spazio culturale e filosofico che merita, non fosse altro perché se esiste l'Italia lo dobbiamo proprio ai tanti massoni che si sono impegnati per realizzarla e non ai nemici della massoneria che non volevano durante il Risorgimento l'unità d'Italia. Ancora oggi i nemici della massoneria invece di lavorare per il bene dell'Italia continuano a prendere ordini da una potenza straniera limitrofa, nemica giurata della massoneria perché memore del Risorgimento italiano.

Alla riunione pro bunga bunga chi vuole partecipà?

Il sindaco di Lanciano è una bravissima persona, è buona, è cattolica, è ricca e suscita un sacco di invidie. Tra le altre cose che gli dicono alle spalle c'è anche l'accusa di massoneria ma quando dico ai suoi parenti che non è vero niente, questi si accorgono che lo so, prendono fiducia e dicono che la gente non sa più che cosa dire.
Il sindaco di Lanciano sarà un........................... nasone, ma non un massone...........
E poi secondo me, la massoneria è solo una moda aristocratica che ha perso i suoi valori primordiali ormai. Iscriversi alla massoneria è come indossare un distintivo o viaggiare in RR, ne fanno parte solo i fichissimi quella gente che si vuole distinguere.
ha una tradizione massonica più forte di qualsiasi altro paese in Abruzzo
la massoneria è solo una moda aristocratica
A dire la verità, storicamente parlando, Lanciano può vantare la più antica loggia massonica dell'intera penisola.
ho detto quella che per me è la massoneria oggi.




uno che appartiene ad una associazione dovrebbe essere fiero ed anche manifestarlo. Invece non trovo mai uno che fieramente dica: "Io appartengo alla massoneria, Loggia X, tessera y". Che male c'è?

Se non c'è niente di male perchè celarsi e travisarsi?
Se uno non è muratore perchè si deve spacciare per tale???


Di solito i colpevoli si proclamano innocenti...
uno che appartiene ad una associazione dovrebbe essere fiero ed anche manifestarlo. Invece non trovo mai uno che fieramente dica: "Io appartengo alla massoneria, Loggia X, tessera y". Che male c'è?
Infatti hai ragione, ma a differenza di voi cattolici che non perdete occasione di sbandierare ai 4 venti la vostra appartenenza (e pretendete pure che chi non crede vi si inginocchi davanti), i massoni credono fermamente nella riservatezza. Sono scelte personali e non devono dimostrare niente a nessuno.
Per quel che riguarda il "segreto" è SOLO UNA QUESTIONE DI IGNORANZA E PREGIUDIZIO
Ci sono gli indirizzi, i contatti, i siti internet.
Dunque dove sarebbe questo "segreto"?

Di solito i colpevoli si proclamano innocenti...
Infatti tutti i pregiudizi e le mistificazioni riguardanti la massoneria in Italia sono proprio il frutto degli "innocenti" catto-fascisti:
La connotazione negativa si è formata anzitutto in ambienti cattolici all’epoca del Risorgimento; si è poi aggiunta l’ostilità dei movimenti politici che negano la libertà. Lo “scandalo P2” ne ha ulteriormente compromesso l’immagine.
Del tutto estranea alla vicenda, la Gran Loggia d’Italia ha curato un recupero di credibilità operando sul versante della cultura. Ha messo inoltre per la prima volta a disposizione di EURISPES i suoi dati associativi, pubblicati nel Rapporto Italia 2008.
Non è un caso infatti che SOTTO TUTTE LE DITTATURE (sia fasciste che comuniste) la Massoneria è sempre stata bandita e perseguitata.
La Chiesa cattolica invece ha sempre fatto e continua a fare affari d'oro con i dittatori (Musolini, Franco, Pinochet, la Junta militare in Argentina, " i Colonnelli" in Grecia etc etc...TUTTI erano CATTOLICISSIMI dichiarati.
asciamo alla massoneria lo spazio culturale e filosofico che merita, non fosse altro perché se esiste l'Italia lo dobbiamo proprio ai tanti massoni che si sono impegnati per realizzarla e non ai nemici della massoneria che non volevano durante il Risorgimento l'unità d'Italia
E infatti:
1861-1870 Il peggioramento delle condizioni socio-economiche rispetto al periodo preunitario determina il fenomeno dell'emigrazione e del brigantaggio legittimista: sulla Majella viene scolpita sulla roccia la Tavola dei Briganti con l'iscrizione:
Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele re d'Italia. Prima era il regno dei fiori, oggi è il regno della miseria.
Ne paghiamo ancora oggi le conseguenze al sud
Ne paghiamo ancora oggi le conseguenze al sud
Gipsy questo è un argomento banalmente ideologico e privo di qualunque fondamento.
Il sud e buona parte dell'Italia era indietro a causa delle politiche medioevali con cui era stato governato per secoli dagli spagnoli (il Regno di Napoli) e dal Papa (Stato Pontificio).
Le condizioni miserevoli del post unità d'Italia erano la triste eredità e il fardello che il nuovo Regno d'Italia doveva sopportare come conseguenza nefasta della storia della penisola.
Tra l'altro è accaduto anche in Germania allorquando con il crollo del Muro e del disfacimento del blocco sovietico, Lo Stato tedesco si è dovuto sobbarcare il peso delle misere condizioni dell'ex DDR.
In questa regione con l'unità, si sono verificati negli anni immediatamente successivi alla riunificazione, le stesse fenomenologie che si sono avute nel Sud Italia all'indomani della Unificazione, ovvero disoccupazione, emigrazione, peggioramento delle condizioni socio economiche etc etc...
L'unica differenza è che le condizioni di partenza erano diverse.
La Germania è sempre stata un paese storicamente avanzato e, soprattutto omogeneo dal punto di visto socio-economico-politico e i pochi decenni di separazione non hanno portato ad una situazione disperata come nel Meridione d'Italia a causa dei secoli di oscurantismo catto-borbonico.
Senza contare, per di più, che la semplice idea di esoterismo mi fa venire in mente stu panzon':


Anima, ti sbagli, storicaemente il regno borbonico era molto più ricco di quello di sardegna.
Senza contare che la politica portata avanti dai savoia (notare la lettera minuscola) è stata piemonte centrica ancor di più dopo l'unificazione.
Quella chiamata col nome "unificazione d'Italia" è stata una vera e propria conquista ai danni del sud.
Forse non sai che la riserva aurea del banco di Napoli era 300 volte maggiore di quella del regno savoia... confluiti poi in opere pubbliche realizzate in Piemonte.
leggi la parte patrimonio
La mia affermazione era generica e non aveva la minima intenzione di colpire i massoni (sebbene ce ne siano in questo sito, ma questo non mi interessa).
Questo filmato è quanto affermano molti storici in questo periodo. Prima dell'unità d'Italia era il regno dei savoiardi a rischiare la bancarotta (non si sono mai smentiti!) e per questo, spinti dagli intellettuali che volevano l'unità, decisero di invadere il meridione per appropriarsi delle ricchezze dei Borbone. Se vuoi cercati anche gli altri filmati.........
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Editato da Dicembre 2010 il 23/11/2010 alle 16:21:54
pardon, io ricordavo 30, ho scritto 300, ma in realtà è circa 20 volte maggiore...
comunque il divario di ricchezza dei due regnni lo si vede

il Grande Architetto dell'Universo... la Fratellanza universale...

io una volta sono stato a cena con tre massoni




"la Massoneria è sempre stata bandita e perseguitata"
Licio Gelli Capo dello Stato e Flavio Carboni Presidente del Consiglio. La P2 era l'acronimo della futura Palystation e la P3 l'evoluzione... Silvio Berlusconi massone perseguitato e Maurizio Costanzo massone bandito dai mass-media. Un'altra ca..ata del genere e vi ricovero qui, stanza singola, sbarre alle finestre... quando i maschietti stanno in astinenza fanno sfraccelli...
La P2 era l'acronimo della futura Palystation
Vogliamo dirla tutta cara Monique?
Allora facciamo pure i nomi del CARDINALE MARCINKUS, DELLO IOR, DEI FONDI NERI CHE CALVI DIRITTO' IN POLONIO PER AIUTARE SOLIDARNOSC, DELLA "strana" MORTE DI PAPA GIOVANNI PAOLO I in Vaticano (che voleva sollevare Marcinkus e riformare lo IOR)...etc etc...
Vogliamo Parlare dell'appoggio del Vaticano sotto il pontificato di Giovanni Paolo II alle dittature Sudamericane (PInochet e Argentine in particolare) e alle protezioni accordate dallo stesso ad associazioni cattoliche per lo meno DUBBIE come l'OPUS DEI?
Riguardo la P2 poi ti riporto una frase di un vecchio massone dell'epoca che, disgustato da quanto stava accadendo (la loggia P2 fu demolita dal Grande Oriente d'Italia ben prima che lo scandalo scoppiasse, ma sopravvisse nonostante tutto perchè GELLI ed i suoi accoliti RICATTARONO il Gran Maestro Gamberini):
"i massoni non sono tutti farabutti, ma potete star certo che tutti i farabutti sono massoni"
Trato dal libro "Trame atlantiche" della Kaos edizioni.
Queste considerazioni valgono per qualunque associazione: partiti politici, Comunione e Liberazione, la chiesa stessa.
Le MELE MARCE SONO OVUNQUE.
La differenza stà nell'atteggiamento dell'associazione stessa quando ne viene scoperta qualcuna.
La Massoneria ha fatto ammenda e pulizia al suo interno.
La Chiesa cattolica invece continua a proteggere i suoi segreti, i suoi affari sporchi e i suoi delitti (vedi scandalo pedofilia), ammantandosi di IPOCRISIA e ISABBIAMENTI vari.
il regno dei savoia era senza una lira mentre le casse borboniche erano piene di soldi. i titoli di stato borbonici valevano il venti per cento in piu del loro valore nominale, quelli savoiardi il 30 in meno.
"o la guerra o la bancarotta" parole di una cacca cavouriana che terminava il suo intervento con un ben chiaro: "il piemonte è perduto".
l'italia nacque per arricchire il nord e l'impoverimento del sud fu una conseguenza e non una causa dell'unita d'italia.
evitiamo di dilungarci sul fenomeno migratorio del sud italia che qualsiasi storico o profano coscenzioso e minimamente preparato sa esser triste conseguenza della nefasta unita d'italia portata avanti da criminali e massoni.
evitiamo anche di chiamare briganti quelli che invece furono degni combattenti di una causa che mi sembra molto piu giusta della causa garibaldina e mazziniana.
fango e liquame ricoprano questi lerci personaggi storici e nuova luce arrivi su quelle pagine di storia che ancora chiedono chiarezza e soprattutto evidenza visto l'ormai chiara cattiva fede dei nostri pseudo eroi risorgimentali.
Il livello discorsivo è il seguente:
domani si riunisce il Milan Club a Poggiofiorito.
Risposta:
Sì ma che caz..o dici, ieri abbiamo mangiato i fagioli.

Monique,
fai finta di non capire l'origine e la natura dell'avversione nei confronti della massoneria ufficiale in Italia. La storia, come diceva Cicerone, è maestra di vita.
Monique hai certamente ragione ma leggendo stralci del post non mi è stato possibile resistere riguardo l'inesatezza di alcuni interventi.
perdonami il fuori tema fermorestando la mia totale avversione verso la massoneria
thò...guarda un pò tu il caso...
La Santa Mafia:
"educare gli agenti economici a comportarsi in maniera corretta

Animanera, non ho nessuna avversione per la massoneria che è una associazione nella quale han fatto parte Silvio Berlusconi, Maurizio Costanzo, Roberto Gervaso (per citare i nomi meno famosi). Cerco di capire, non abito in una grande città. Allora, magari mi sia possibile, cerco di capire. Quel che comprendo è che appena si cita la massoneria scattano pensieri un po' strani.
Io vorrei capire insieme a voi come contattare alcuni eminenti menti grigie per avere informazioni. A Lanciano 3 logge o ho letto male? Aiutatemi a capire. Apprendo dai vostri post che la massoneria a Lanciano, rispetto alle altre città d'Italia, almeno qui è tutto alla luce del sole. O è il sole stesso?

Una volta un insegnante di educazione fisica si portò il nipote allo stadio per vedere la partita del Lanciano. Ad un certo punto il ragazzino gridò: arbitro, lu fall! Lu fall! E allora lo zio gli tirò una sberla e gli disse: si dice il fallo! Dopo un po' il ragazzino urlò di nuovo: arbitro, lu rgor! Lu rgor! E lo zio gli tirò un'altra sberla e gli disse: si dice il rigore! Alla fine del primo tempo il professore incontrò un amico e parlò della partita. Questi gli chiese: chi è questo bambino? E il docente gli rispose: è mio nipote. Come ti chiami? Gli chiese l'amico dello zio. E il bambino per paura di un'altra sberla al posto di dire Luciano, disse: il ciano!
Tratto da “Il sogno della farfalla” rivista di psichiatria e psicoterapia, n. 3/97
Il caso Jurg Zund
di Gianfranco Vendrame
Il manierismo schizofrenico può essere inteso come l’espressività dell’essere “strano” schizofrenico. Lo strano allude alla sua irrealtà, al suo essere “irreale e presente”. L’irrealtà è tale da renderlo del tutto impermeabile, chiuso, opposto alla realtà. È l’autismo schizofrenico. «Lo schizofrenico non è soltanto un uomo chiuso al mondo, non è soltanto autista, ma è un autista manierato; esiste un manierismo che è qualcosa di particolare e di unico per lo schizofrenico».
Il clima di stranezza schizofrenica, che l’atto manierato crea, rimanda all’essere schizofrenico. Non è l’atto manierato ad essere irreale, ma l’essere dello schizofrenico. Così, non è l’atto manierato ad essere derealizzante, ma è l’essere dello schizofrenico.
Potremmo dire che l’espressività schizofrenica, sentita come teatralità, beffarda ironia, “rappresentazione sovraumana”, non è comunicazione interessata a derealizzare la realtà, ma è il modo di essere teso a nascondere l’irrealtà schizofrenica. Lo schizofrenico non dice: sono schizofrenico, perché egli è schizofrenico.
Le molteplici diversità della espressività schizofrenica, alludono a questa irrealtà che può animarsi al soffio di ciò che nasconde per diventare imprevedibile.
C’è chi di fronte ad essa, ponendosi sul piano della clinica, diremo alla Jaspers, fa l’esperienza di qualcosa di negativo, di incoerente e caotico, chi, ponendosi sul piano fenomenologico, apprezza un qualche cosa di ineffabile, di indefinibile ma positivo e caratteristico, cioè il “plus”, l’“Anders”, la produttività schizofrenica, e chi ponendosi sul piano della realtà inconscia, ne scopre l’aspetto pulsionale come attività diretta contro uno stimolo esterno.
L’espressività manierata accordata con lo strano, mimetizza lo schizofrenico e lo rende irriconoscibile. Dal suo rifiuto a rivelarsi egli trae le sue molteplici possibilità di mostrarsi. Parla così un linguaggio ormai dimenticato che deve, ogni volta inventare.
Il suo atteggiamento è una acrobazia, ma non è che egli deformi la propria realtà, piuttosto imita, in modo artefatto, un’immagine che non ha, rarefacendosi nel nulla. È l’apparire estraneo, arbitrario, come gioco di associazioni, di immagini che usa come unico strumento espressivo per quell’immagine interiore che non ha e che è inesprimibile; oppure soltanto un atteggiamento incapace di placarsi in una qualsiasi forma di rapporto umano.
Aspetti storici
La psichiatria, nella ricerca di “tracce di vita” nella schizofrenia, si è imbattuta nel comportamento manierato dello schizofrenico.
Allo stile della mimetizzazione, della dissimulazione, della finzione, della caricatura, esso deve il suo effetto inquietante.
Essenzialmente antirealistico, irrazionale, difficile, complicato, non ha un colorito affettivo, non agisce sui sentimenti, ma sull’intelletto e sul gusto. Si fa labile il con fine tra essere e apparire ed esso insinua il sospetto che anche la realtà oggettiva sia una finzione o un’illusione.
Nella settima edizione del suo Trattato di Psichiatria, che conserva ancora oggi un carattere di attualità, la demenza precoce è descritta da Kraepelin come «la perdita dell’unità interna delle attività intellettive, emotive e volitive». Attorno a questa progressiva disgregazione, si strutturano elementi patologici che saranno clinicamente distinti nelle tre forme di demenza: ebefrenica, catatonica e paranoide. Nel capitolo sulle “Forme catatoniche” in più della metà dei casi, l’esito è una grave e caratteristica demenza. Cadono le idee deliranti e le allucinazioni, l’eccitamento poco a poco scompare e compaiono i segni della “debolezza psichica”.
L’ammalato divenuto apatico e indifferente, non si cura più dell’ambiente, non conosce più né ordine né pulizia, gioca con le figurine come un bambino. Alcuni malati rimangono a lungo a letto, non parlano, non rispondono; altri sono più vivaci, irritabili, irrequieti. È in quest’ultime forme che si manifestano i manierismi, come “deviazioni rigide e morbose, di azioni normali”. Contrariamente alle stereotipie, movimenti goffi, rigidi, grossolani che non hanno uno scopo né un rapporto con l’ambiente, che spesso continuano in modo uniforme per ore e che solo il contenimento fisico può impedire, i manierismi sono descritti come movimenti da automa, il fare smorfie, il fare mosse da arlecchino, il giocare con le dita, il girare gli occhi, l’aggredire improvviso.
Alcuni di questi gesti ricordano quelli che si fanno nei momenti di imbarazzo, come girare la testa da una parte, stringersi sulle spalle, toccarsi la testa, lisciarsi i capelli. Sono manierismi anche il disordine e la stravaganza nell’abbigliamento, lo strano modo di pettinarsi, di camminare, di parlare e di scrivere. È caratteristica degli stati catatonici questa particolare espressività; i malati urlano, strillano acutamente o in falsetto, ridono continuamente oppure parlano in lingue straniere inventate con rime e assonanze o con parole mutilate, tronche. Sono malati colpiti da una grave alterazione della volontà; dalla alterazione della facoltà del giudizio e soprattutto dell’affettività discendono, invece, il loro disinteresse e caratteristica indifferenza.
Kraepelin non entra nel significato, nelle ragioni interne del cambiamento, esclude qualsiasi considerazione della personalità e del vissuto del paziente. La sua descrizione poggia sulla distinzione delle funzioni mentali isolate: intelligenza, affettività, volontà e studiandone le alterazioni non supera tale distinzione.
Non sembra che Kant abbia avuto particolare influenza sulla nascente psichiatria tedesca, ma l’eco della logica che lo aveva guidato nella sua classificazione dei “difetti della mente”, sembra trovare nella sintesi di Kraepelin un ascolto. Scriveva Kant: «Ma è degno di meraviglia il fatto che le facoltà dell’animo messe in disordine si compongono in un sistema».
Non si dà un’assenza della ragione, ma una sua alienazione. Anche nel mondo della demenza, negli stati terminali, è dato cogliere questa non-perdita.
Kraepelin, scrivendo che tratto fondamentale della demenza praecox è «la perdita dell’unità interna delle attività intellettive, emotive e volitive», non allude, nella sua concezione, ad una totale perdita della ragione, ma piuttosto ad una costruzione alienata, in cui il soggetto utilizza e convoglia in una direzione diversa dal “senso comune” le sue energie e la sua attività. La malattia è un tentativo di costruzione, basato su leggi diverse, ma non per questo meno solide. Nell’ebefrenia, infatti, la resistenza opposta al cambiamento fisico è attribuita all’indomabile necessità di un “non-movimento”; nella catatonia, il negativismo, all’inizio incerto, diverrà un elemento organizzatore della personalità.
La ricerca psichiatrica, in questi inizi, fa pensare come l’aspetto deficitario della malattia non escluda una attività nascosta.
Solo più tardi, questo pensiero affiorerà, dapprima come fenomeno della coscienza, poi, come realtà inconscia.
Nel “Gruppo delle schizofrenie” Bleuler chiamerà schizofrenia la demenza praecox perché la sua caratteristica più importante è la dissociazione mentale (Spaltung), la perdita cioè dell’unità della vita psichica e la frammentazione (Zerspaltung) delle componenti del pensiero.
Distingue i sintomi, dal punto di vista clinico, in fondamentali e accessori, e dal punto di vista della derivabilità psicologica, in primari e secondari.
I sintomi fondamentali, essenziali per la diagnosi e l’inquadramento nosografico:
dissociazione del pensiero, impoverimento dell’affettività, ambivalenza, autismo, disturbi della volontà, sono caratteristici della schizofrenia; quelli accessori:
allucinazioni, deliri, disturbi della memoria, della personalità, sintomi catatonici, compaiono anche in altre sindromi.
I sintomi fondamentali e accessori non si identificano con quelli primari (disturbi associativi, disturbi dell’umore) e secondari (autismo, ambivalenza, deterioramento schizofrenico, deliri, sintomi catatonici); i primi attengono ad un criterio diagnostico, i secondi ad uno psicopatologico e psicodinamico. La dissociazione è sintomo fondamentale e primario, l’autismo è fondamentale, ma secondario.
È importante questo approfondimento: dalla descrizione analitica delle funzioni mentali isolate, intelligenza, affettività, volontà, di Kraepelin, alla psicopatologia della schizofrenia.
Kraepelin aveva descritto una sintomatologia più ricca possibile, Bleuler espone i sintomi fondamentali. Kraepelin aveva dato il nome alla malattia, Bleuler denomina il malato. Kraepelin descrive il suo comportamento, Bleuler ricerca il suo significato.
Per ambedue la malattia non è perdita delle funzioni psichiche; neppure nei casi più gravi, scrive Bleuler, si può dimostrare una perdita dell’affettività che, se viene meno, può manifestarsi in un altro momento, oppure ad un esame più accurato.
Gli affetti più frequentemente conservati sono quelli che vanno nel senso dell’irritabilità, fino alla rabbia e all’ira.
La malattia è processo che produce direttamente i sintomi primari (disturbi associativi, disturbi dell’umore) che sono di origine psichica.
Bleuler è aperto alla psicoanalisi che cerca di integrare con la psichiatria. Egli inaugura l’approccio psicologico alla schizofrenia e la ricerca in un “senso”.
La personalità dissociata della schizofrenia, egli scrive, è dominata dai singoli complessi psichici. La loro attività conscia ed inconscia, causa le illusioni della memoria, le allucinazioni, i manierismi e gran parte delle stereotipie.
È l’effetto continuato di questi complessi all’origine dei manierismi.
Sono esagerazioni dettate dai complessi, l’affettazione catatonica, il comportamento impertinente di molti ebefrenici, la maestosità ridicola dei megalomani.
Anche la persona normale, ha la tendenza ad esagerare alcune espressioni. Come fanno i vanitosi e le persone orgogliose. Si fanno però notare di più quelli che vogliono sembrare quello che non sono.
Nell’uomo veramente distinto, l’atteggiamento fa parte del suo modo di essere e quindi non si nota. In colui che affetta la distinzione, invece, si nota il contrasto tra natura e affettazione. La persona colta è indifferente ai movimenti delle dita della mano. Chi vuol dimostrare una cultura che non ha, scrive Bleuler, si studia di tener divaricato il mignolo e fa movimenti esagerati a proposito e a sproposito. Così si comportano gli schizofrenici quando i complessi psichici acquistano un potere troppo grande.
La migliore occasione per il manierismo è data dal linguaggio. Bleuler cita lo stile ricercato, falsamente distinto, che fa un uso eccessivo di diminutivi. Cita la perseverazione, le contrazioni, le interruzioni che avvengono a metà frase.
L’espressione di questi malati è spesso ridondante, espongono banalità con «un’espressione estremamente contorta», «come se fossero in gioco i più alti interessi dell’umanità».
I manierismi sono così «cambiamenti vistosi delle azioni più usuali» nello sforzo di «mimare qualcosa di particolare, nel contegno, nella mimica, nell’abbigliamento, nel linguaggio e nella scrittura».
Nel 1921 viene pubblicato a Montpellier un lavoro di Reboul-Lachaux, dal titolo: Du maniérisme dans la démence précoce et dans les autres psychoses.
Questo autore considera all’origine del manierismo l’eccessiva irritabilità, l’automatismo, la modificazione patologica del giudizio e dell’affettività e dei loro reciproci rapporti. Si mette la ricerca di un «élément physiologique supplémentaire» che permetta di definire il manierismo, ma scrive sarebbe troppo precipitoso proporre subito «la vera teoria del manierismo».
Ritiene che esso possa manifestarsi in tutti i campi dell’attività umana e fa, per la prima volta, una estesa descrizione del manierismo della “persona sana”, in cui svolge un importante ruolo la fatuità.
Rileva che esso è fondato sull’assunzione di una maschera, sulla premeditazione, sulla ricercatezza, sulla manipolazione, come fosse presente una “intenzionalità”.
Ci interessa questa intuizione, perché è vicina a ciò che Kraepelin e Bleuler lasciano capire con l’idea di costruzione e perché sembra sottendere tutta la ricerca psichiatrica.
Reboul-Lachaux cita quindici osservazioni cliniche dicasi di demenza praecox che presentano manierismi, bizzarrie e smorfie, legati ai gesti e all’andatura, risultanti da un certo “grado di eccitazione psichica” connessa con l’“automatismo”. Sarebbero però false impressioni dovute a questi disturbi, mentre i veri comportamenti superficiali, innaturali, affettati sono dovuti alla discordanza tra i fenomeni psichici, in particolare tra l’affettività e il giudizio, l’intelligenza e l’azione.
Altri Autori hanno successivamente descritto il fenomeno del manierismo, come Tanzi e Lugaro (1923), Bini e Bazzi (1954), Leonhard (1962) che hanno integrato la nomenclatura di Kraepelin, accettando il suo indirizzo cliniconosografico.
Del manierismo si è occupato anche Minkowski ponendolo tra le alterazioni dell’espressività e accostandolo alla affettazione e alla teatralità.
Minkowski, come del resto Morselli ed altri psicopatologi, pur riconoscendo nella malattia non più una semplice costruzione, ma una attività psicopatologica originaria, di fronte al manierismo non vanno oltre alla descrizione iniziata con Kraepelin.
È con Rumke (1958) che a ricerca si approfondisce quando parla del “sentimento della schizofrenicità”, il Praecoxgefùhl e del segreto dello schizofrenico, come un “segreto della forma”.
Barison, più tardi, scriverà che gli atteggiamenti dello schizofrenico danno allo psichiatra esperto una impressione di assurdo che si coglie nella trama di elementi concreti, di gesti, parole, movimenti, come fosse qualcosa di nuovo, di diverso, di peculiare.
Tale assurdo sarebbe non solo “nuovo” per il pensiero normale, ma è sempre “nuovo” ad ogni nuova osservazione. Esso costituisce lo “strano” schizofrenico che lo psichiatra riconosce come tipico in forza di quel “senso della schizofrenicità”, di quel “Praecoxgefuhl”, di quell’atto cioè di intuitiva visione dell’essenza di qualcosa di specifico della “schizofrenicità”.
Inerente allo “strano schizofrenico” è il manierismo, le cui qualità fondamentali, scrive Barison, sono:
1 - il parassitismo: il manierismo è una complicanza sovrapposta al comportamento con cui non ha apparentemente alcun nesso logico né affettivo;
2 - l’espressività: il manierismo ha una finalità espressiva;
3 - l’intenzionalità: il soggetto si comporta come se volesse esprimere qualcosa.
Il manierismo sarebbe dunque un intervento attivo che modifica l’espressione in atto.
Sarebbe una modalità attiva di mimare sentimenti estranei all’azione, nell’azione.
È una teatralità il cui scopo evidente è quello di annientare la realtà espressiva, un tentativo di “derealizzare la realtà”, un modo per lo schizofrenico di far scoppiare la realtà sotto la spinta di una potentissima forza istintiva, un modo di realizzare, vivendo la realtà, la sua pulsione antirealistica.
È di fronte al fatto psicopatologico che la ricerca psichiatrica scrive e riscrive la malattia, nel tentativo di coglierne il significato profondo, il senso, come se il concetto stesso di malattia continuamente sfuggisse.
L’“incomprensibilità” di Jaspers (1913) sembra pesare come un oscuro difetto dello psichiatra.
Il manierismo come fallimento dell’esistenza. Il caso Jurg Zund
È forse riferibile a questa difficoltà, se autori, come Binswanger, hanno ispirato il loro lavoro, la Daseinsanalyse o analisi della presenza, non alla conoscenza della psichiatria o della psicologia, ma alla filosofia di Husserl ed Heidegger, traendo da essa il metodo di indagine ed il linguaggio. È forse riferibile a questa difficoltà la nuova teoria della supremazia della coscienza con la sua caratteristica di “intenzionalità” e con la sua proprietà di essere svelatrice di “senso”. Alla difficoltà della psichiatria di riconoscere la malattia, Binswanger risponde che la malattia non esiste. Il metodo della Daseinsanalyse si differenzia così da quello della psichiatria. Riferendosi al caso Jurg Zund, Binswanger scrive che la Daseinsanalyse si differenzia dalla psicopatologia non solo perché essa non mira alla comprensione di un fatto psichico, ma perché ignora di proposito la differenza tra sano e malato.
L’uno e l’altro sono variazioni del comune a priori essere-nel-mondo, anche se il sano si propone nel senso della “riuscita” del proprio esistere, ed il malato nel senso del “fallimento”.
Se uno psichiatra rileva in un malato dei comportamenti artificiosi, egli è indotto a definirli come manierismi ed a ritenerli sintomi di una schizofrenia. Il daseinsanalista, invece, non si chiederà perché queste manifestazioni artefatte ed innaturali siano da considerarsi patologiche, ma piuttosto come mai la schizofrenia abbia una così forte tendenza ad esprimersi manieristicamente, considerando il manierismo non tanto come sintomo di un quadro clinico, ma come forma particolare in cui può “fallire” la presenza, per cui una persona abdicando alla propria autenticità, si manifesta in una radicale inautenticità, nascondendo ed anche perdendo se stesso.
Nel suo lavoro Tre forme di esistenza mancata (1956), accanto all’esaltazione fissata e alla stramberia, Binswanger considera il manierismo come una minaccia immanente all’uomo per la sua riuscita, una forma di esistenza mancata, modi cioè in cui si esplica il fallimento dell’esistenza. Nell’esaltazione fissata, il fallimento dell’uomo sarebbe dovuto alla sproporzione tra l’altezza delle aspirazioni e l’ampiezza dell’esperienza. Come l’alpinista inesperto che, raggiunto un punto troppo elevato per le sue capacità, non sa più né salire né scendere. Nella stramberia, il soggetto pone qualcosa “di traverso” tra sé e il mondo, qualcosa che impedisce il rapporto con gli altri. L’esempio è quello della vite storta che non riuscendo ad avvitarsi, si ferma. Nel manierismo è il tendere verso l’alto contorcendosi tramite un artificio tecnico. L’artificio servirebbe a supplire, compensare, una carenza.
La parola “manierismo” designerebbe l’effetto suscitato nello spettatore, nell’ascoltatore, di stranezza, l’impressione che un certo comportamento sia sorprendente, stupefacente, assurdo, estraneo, eccentrico. Oppure, ancora, ricercato, affettato, artificioso, contorto.
L’essenza del manierismo sarebbe questa artificiosità, questo contorcersi verso una altezza ricercata, innaturale, in risposta ad una incompletezza dell’essere, ad una sua inautenticità.
Adottando la distinzione haeideggeriana tra essere autentico ed essere inautentico, Binswanger scrive che il manierato non è in grado di vivere nella autenticità della propria concreta situazione, ma sarebbe costretto ad assumere una maschera per supplire alla mancanza di un volto proprio.
È il caso dello studente universitario Jurg Zund.
Da ragazzo è molto vivace, impulsivo, aggressivo, ma angosciato da sensazioni corporee abnormi. Egli si muove in tre “mondi” tra loro contraddittori, che non riuscirà mai a superare. Innanzi tutto il mondo “proletario”, quello della via in cui abita; in questo mondo il giovane Jurg Zund si comporta da monello.
Quando, dopo la scuola il padre, persona schiva, irritabile, va a prenderlo sulla strada dove si è attardato, egli si sente commiserato dai compagni. Si rimprovera di sentirsi meglio sulla strada, poiché a casa è sempre impaurito da una madre minacciosa ed imprevedibile. Mal sopporta il fatto che per i vicini, i genitori siano considerati poco socievoli, strani, altezzosi. Il padre, musicista, è ritenuto in famiglia “un gran nevrastenico”. La madre è giudicata arrogante, ambiziosa, imprevedibile. Poiché il comportamento dei genitori suscita le critiche della gente, egli si sente indifeso, minacciato, allo sbaraglio. Avverte così vivissimo l’intimo bisogno di doversi nascondere, di occultare se stesso; un bisogno che lo accompagnerà per tutta la vita.
Accanto al mondo della strada e a quello soffocante della famiglia, ne esiste un terzo, quello in cui vivono il nonno e due zii materni. Questi godono di buona reputazione per il loro comportamento da gran signori. Abitano il piano di sotto e qui il giovane Zund si sente protetto e più libero. Se i genitori non uscivano mai da casa, i parenti lo invitano spesso alle gite domenicali. Lo zio, poi, lo loda proprio per quelle ragazzate sulla strada che il padre gli rimproverava aspramente.
«Vediamo quindi», dice Binswanger, «che l’esistenza di Jurg Zund è minacciata fin dall’inizio da una scissione, da una triplicità di direzioni».
Egli è diviso di volta in volta in tre “mondi”, quello insofferente della strada, quello della famiglia e quello dei parenti, tra loro diversi e irrapportabili. Adotta il modello ora di un “mondo” ora di un altro, seguendo le maniere dell’uno o dell’altro “mondo”. Jùrg Zùnd non riesce ad esistere che rispecchiandosi in questo o in quel “mondo”, senza poter fare emergere mai una propria personalità.
In preda a sentimenti di inferiorità, si chiede sempre più preoccupato quale impressione faccia alla gente. Appare sempre meno spontaneo, sempre più artefatto. Constata che i suoi movimenti e la sua figura destano il riso della gente, come quando si toglie il cappotto o quando cammina dimenando le braccia. Perciò si sente costantemente al centro della critica e preferirebbe scomparire “nell’anonimato della massa”.
Questi tentativi di occultamento si riveleranno come faticosi, esagerati, contorti e perciò destinati a fallire.
Il manierato, l’artificioso, il ricercato, sarebbero serviti, scrive Binswanger, a nascondere la sua paura della vita, ad arginare l’angoscia per l’esistenza, A partire dal trentasettesimo anno Jurg Zund si trova, quasi senza interruzione ricoverato. Nel considerare l’intero decorso della sua esistenza, Binswanger nota che al posto della scissione degli anni dell’infanzia, al posto dell’impossibilità di sentirsi a suo agio nei suoi “mondi”, al posto dei tentativi di venire a capo della differenza dei tre diversi mondi e dei loro vicendevoli rispecchiamenti con l’adozione di una “maschera” signorile, al posto di tutto questo sia intervenuta una relativa calma.
Per Binswanger, ciò è stato possibile soltanto al prezzo della rinuncia a una sua autonomia. Jurg Zund rinunciando a lottare si è ritirato nella clinica e affidato alle sue cure. Mentre un primo medico aveva affermato che “data la sua estraneità al mondo, i suoi modi esaltati, affettati e bizzarri..., andava indubbiamente considerato uno “schizofrenico” un altro medico l’aveva diagnosticato come “schizoide”.
Per Binswanger rappresenta un caso di schizofrenia simplex polimorfa. Questa forma clinica definita da Binswanger polimorfa, presenta un insieme di sintomi “analoghi a quelli delle nevrosi”, sintomi fobici, depressivi, ipocondriaci, isterici. La caratteristica principale è il progressivo impoverimento e deterioramento del comportamento. Tale forma clinica è nel Trattato Italiano di Psichiatria, descritto come “schizofrenia pseudonevrotica”. In questi casi non sono presenti sintomi schizofrenici evidenti in quanto mascherati dalla sintomatologia “nevrotica” che domina il quadro. Data l’assenza di sintomi chiari di schizofrenia, questi casi vengono oggi esclusi dalla diagnosi di schizofrenia.
E, anche noi, facendo nostra l’analisi di Binswanger, ci domandiamo se il giovane Jurg Zund che si sente costantemente sulle spine per la paura dei rimproveri, di un improvviso declassamento, che, scrive Binswanger, si interessa degli altri, ma insieme è imbarazzato e si vergogna di questo interesse tanto da assumere una maschera, un contegno stereotipato e goffo e voler scomparire dalla faccia della terra, ci domandiamo se sia veramente uno schizofrenico.
E ci domandiamo se l’imitazione dei “mondi” in cui Zund si specchia non sia, in qualche modo, rapporto con le persone che li abitano, di cui adotta le maniere, seguendo ora questo ora quest’altro modello.
Con Binswanger viene meno quella ricerca di mettere in luce l’incomprensibile, lo “strano”, il dissociato, che ha indubbiamente richiesto lo sforzo di liberarsi innanzitutto dalla alienazione religiosa, come presupposto per la conoscenza.
Ciò che importa, sostiene, è riuscire a mostrare che la forma d’esistenza del manierismo non è qualcosa che inerisce specificatamente alla schizofrenia, in quanto malattia mentale, ma che essa corrisponde ad una forma di esistenza umana generale.
Questo radicamento nel sentimento immediato della esistenza, sembra impedire lo sviluppo di una conoscenza; le descrizioni di Binswanger sono ricche di illuminazioni appassionate, ma secondario appare l’interesse terapeutico.
Noi pensiamo il manierismo come l’espressività dell’essere strano “irreale e presente” schizofrenico, in cui la peculiarità sembra essere un’esistenza che risulti il più possibile irreale. L’espressione può diventare la meno espressiva possibile, quasi per togliere ogni realtà alla realtà dei sentimenti. Il malato così facendo rappresenta il nucleo più profondo della sua personalità schizofrenica.
Non quindi un modo di essere, un arricchimento fittizio cui si possono contrapporre altri, fondati sull’impoverimento della vita, sul decadimento della personalità e neppure un sintomo, essendo il manierismo del tutto indipendente dal decorso acuto o cronico della malattia.
L’approccio fenomenologico cogliendo il significato del comportamento, cogliendo lo stile particolare dell’assurdo, trascende il fatto che lo schizofrenico è “irreale e presente”. Il modo di essere rivelerebbe così una sua autenticità, una sua realtà, una trasformazione nuova. Ma così facendo, sfugge il “segreto” dello schizofrenico, la sua incomprensibilità, l’incomprensibilità della pulsione di annullamento. Ciò comporta una infinita descrizione dei fenomeni psichici, senza poterli mai definire.
In questa difficoltà la psichiatria si priva di qualità scientifiche.
L’antropoanalisi, infatti, guarda la malattia chiudendo gli occhi sulla realtà psichica, sulle sue dinamiche, sulle sue possibilità. Essa comprende la disperazione, il disagio, il dramma, ma non va oltre la presa di coscienza dei fatti evidenti. Si stabilisce così un’alleanza col paziente che mira a nascondere la sua ribellione, la sua rabbia, a nascondere la realtà che ha in sé latente la violenza.
Jurg Zund era schizofrenico. Non polimorfo, per dire più nevrotico che schizofrenico, come prima ci domandavamo. Forse, inizialmente ammalato non di schizofrenia simplex, ma di schizofrenia ebefrenica.
Dall’età di 37 anni, si trova, quasi senza interruzione ricoverato. Fin da ragazzo soffre di “stati angosciosi e di sensazioni corporee abnormi”. Ha disturbi alle gambe, ai genitali, soffre per la possibilità di essere osservato in uno stato di erezione, simbolo per lui della sua estrazione proletaria, tanto da essere indotto a nascondersi (il lungo mantello, le passeggiate solo quando si fa scuro ecc.).
Ci ricorda un altro ammalato che giunse all’analisi all’età di 34 anni, con fenomeni di depersonalizzazione corporea alle gambe e alle braccia. Costui aveva perso la propria identificazione fondamentale e solo il continuo lavoro di interpretazione della pulsione di annullamento che l’aveva fatta sparire, lo guarirà dalla malattia schizofrenica. Non sarà questa la sorte di Zund, anch’egli dissociato, anch’egli delirante. Non c’è, infatti, in Binswanger, alcuna proposizione di ricerca. Solo una descrizione dei fatti evidenti.
Ci dispiace così il progressivo crollo di Zund, il suo inesorabile scivolare verso la Clinica, la continua, drammatica delusione del suo nascosto essere “poppante al seno”. L’adozione di una “maschera signorile”, di uno stile, ci verrebbe da dire, di seconda mano, rigido e formale è il suo primo essere schizofrenico manierato che rifiuta il mondo.
Liberatosi dal rapporto sadomasochistico e dalle identificazioni, egli si sente esistere solo nella imitazione, nell’assunzione dei modelli offertigli. A differenza del simplex, egli lotta e, rispecchiandosi nei tre diversi mondi, non raggiunge il nulla. Trae da dentro di sé la forza per la recitazione, e ne fa la sua espressività. Non sa mai configurare un problema se non sotto forma di paradosso e ciò, sappiamo, per l’istinto di morte come realizzazione di non essere, apparire senza essere, essere “irreale e presente”.
Per conseguire il suo effetto, Zund adotta modelli che impone ai suoi spettatori, così da apparire estraneo, ed in questo è consapevole di trasformare il rapporto in qualcosa che non è e non può essere.
Con il contegno stereotipato e innaturale tiene lontano un mondo che gli appare arbitrario, negandolo e anche disprezzandolo. Come fosse presente non tanto una indifferenza, ma soprattutto una forte rabbia, un forte odio.
Con la sua andatura e con l’insieme del comportamento manierato, sembra non permettere a nessuno di partecipare a ciò che lo angoscia. Nella sua intima contraddizione rifiuta il mondo e gli uomini che sono a lui indispensabili come avversari, vittime, spettatori. Nella sua lotta di libertà e indipendenza essi sono spettatori immobili cui imporre il proprio comportamento. Così egli riesce a nascondersi e fare di se stesso un essere manierato e angosciante.
«È la recita leggiamo ne La marionetta e il burattino di un uomo che non vuole andare incontro a delusioni, non vuole diventare castrato, cioè pieno di odio e rabbia in un rapporto sadomasochistico con gli altri. Diventa e preferisce essere manierato, affettato, legnoso. Ha scelto la strada dell’opposizione e del rifiuto portando il suo modo di essere nel rapporto con gli altri ad un modo di essere pantomimico... E rifiuta anche di vivere e rivelare la sua realtà di poppante desideroso di carezze. Da questo rifiuto nasce la persona manierata, affettata, cortese che tende sempre a tenere lontano l’altro, a distanziarlo fino a paralizzarlo nella più disumana espressione dell’esibizionismo della schizofrenia catatonica».
Rispecchiandosi nel mondo aristocratico dei parenti del “piano di sotto”, Jurg Zund adotta un modello signorile. Lo specchio dice la verità, ma nello stesso tempo, mente. È cristallino, liscio, ma insieme fragile e delicato. La pulsione distrugge l’immagine e riduce immagine e specchio ad una frammentazione. Nel considerare l’intero decorso dell’esistenza di Zund, Binswanger nota infatti, che al posto dei tentativi di venire a capo della differenza dei tre diversi mondi e dei loro vicendevoli rispecchiamenti con l’adozione di una “maschera signorile”, sia intervenuta una relativa calma.
Nella Clinica Jurg Zund si sente benissimo, ha la possibilità di uscire liberamente, ma, pur riuscendo persino a dare lezioni private ai figli di un medico, le sue capacità lavorative sono molto diminuite. Solo ora potremmo parlare di schizofrenia simplex. Nel suo isolamento, nel suo comportamento discreto, Jurg Zund non vive emozioni, non ha angosce, ha annullato la sua ribellione e la sua lotta. Dirigendo l’istinto di morte come pulsione attiva, fantasia di sparizione contro il mondo umano, egli ha realizzato se stesso come anaffettivo ed indifferente.
Leggiamo ancora ne La marionetta e il burattino che lo schizofrenico semplice «è lo schizofrenico adattato al manicomio che conduce i suoi giorni nel lavoro routinario. La crisi che lo rese pazzo... è un ricordo di un tempo lontano (...). L’estrema ribellione della fuga ha dovuto essere trasformata in fantasia di annullamento, in chiusura degli occhi su tutto e tutti. lo non ci sono».
E più avanti ancora: «La possibilità di rendere inesistenti gli “affetti” nel rapporto interumano fa del burattino ribelle un nulla... Il suo pensiero..., è la conseguenza e il risultato della scissione del pensiero di ciò che non è materiale da ciò che è materiale, il corpo. Conseguenza e risultato dell’operazione della mente che riesce a fare dell’istinto di morte una fantasia, la fantasia di sparizione che rende inesistente sé e gli altri».
Binswanger non coglie nella sua analisi il nulla dell’atto espressivo nello schizofrenico manierato; coglie il manierismo come costruzione che tende a nascondere, ma non va oltre. Attribuisce ad esso il significato di seguire modelli offertigli dagli altri, adottandone le maniere, come fossero modalità di esistenza.
Non coglie il manierismo come espressione di quell’essere irreale e presente schizofrenico che non vuole mostrare nulla, ma solo proporre un rapporto non vero per nascondere la propria realtà, ma anche come espressione di quell’essere, com’era Jùrg Zùnd, «poppante desideroso di carezze», andato incontro a continue delusioni.
Mi sembrano infine necessarie alcune brevi osservazioni tratte dall’esperienza diretta di M. Fagioli che nei primi anni ‘60 ha lavorato presso la Clinica Bellevue di Kreuzlingen.
In Bambino donna e trasformazione dell’uomo scrive: «Non esiste una pratica analitica di tipo binswangeriano, tanto che a Kreuzlingen, era obbligatorio, per contratto, una analisi personale freudiana o junghiana. E ci sono ragioni teoriche alla inesistenza di terapia. La negazione della patologia conduce immediatamente alla negazione di ogni terapia».
E più avanti: «A Kreuzlingen ogni medico era libero di lavorare come credeva. Non c’era nessuna scuola. Binswanger aveva fatto i suoi studi e ciascuno era libero di interessarsene o non interessarsene. (...) Come studioso era indubbiamente stimabile anche se limitato alla osservazione cosciente della malattia mentale; buon fenomenologo, discreto scrittore.
Come terapeuta non l’ho mai visto lavorare e, per quanto diceva, non aveva avuto mai nessun interesse a curare i malati. A lui interessava osservare, pensare e... scrivere, come peraltro risulta dalle sue opere». Questa, la testimonianza di M. Fagioli, dalla quale noi possiamo ancora cogliere come Binswanger vada inserito in un contesto storico-culturale, iniziato con al di là del principio del piacere in cui l’istinto di morte è codificato come sadismo. «Non riuscire a vedere — scrive Fagioli — cosa c’è al di là del sadismo conduce alla codificazione di esso come istinto, ovvero come tendenza umana immodificabile. Gli uomini sarebbero, soltanto ed esclusivamente per la distruzione, vanno quindi dominati, controllati, sottomessi all’obbedienza della mente, della ragione...».
La riproposizione di una perversione umana originaria, Freud la completerà nel Il problema economico del masochismo (1924) e ne La negazione (1925) «in cui si nega qualsiasi possibilità che nell’uomo possa esistere un rifiuto, un NO alla distruzione come esigenza interna propria agli esseri umani».
Nel 1943 compare L’essere e il nulla di Sartre, in cui, come in Binswanger, vi è la negazione dell’inconscio. Quanto accadeva in Europa era semplicemente “fenomeno”. L’irruzione dell’inconscio, il sadomasochismo, viene detto fenomeno “diverso”, umano. Il suicidio di Ellen West è atto di autenticità e libertà.
Freud, con Analisi terminabile e interminabile del 1937, in cui affermava l’inutilità di qualsiasi terapia o progetto trasformativo, rientra in una “psicoanalisi” come fenomenologia, dal momento in cui essa non riesce ad andare oltre la semplice descrizione dei fatti psichici coscienti.
È interessante notare come questa concezione della malattia mentale, come forma di esistenza e libertà, sia stata presente nell’antipsichiatria. Basaglia, che ha introdotto in Italia le idee dell’antipsichiatria, si era dedicato allo studio della fenomenologia. Mettere tra parentesi la malattia mentale, la sospensione del giudizio, l’epochè di Husserl, voleva dire infatti che i sintomi della malattia dovevano essere dapprima intesi come la risposta naturale ad una violenza ambientale che doveva essere eliminata, e che solo in quest’ottica la parentesi poteva essere riaperta.
Anche Laing e Cooper hanno una formazione fenomenologica.
In L’io diviso Laing adopera i termini “schizoide” e “schizofrenico” in senso fenomenologico-esistenziale. Le cose dette e fatte da uno schizofrenico, dice, possono essere capite solo se si comprende il loro contesto esistenziale.
Cooper nel 1978 pubblica Il linguaggio della follia in cui sostiene che la follia è una proprietà sociale di cui siamo stati derubati: dobbiamo riappropriarcene politicamente perché possa diventare creatività e spontaneità in una società trasformata.
Sul filone fenomenologico-inglese si innesta dagli Stati Uniti il contributo per l’antipsichiatria di E. Goffman e T. Szasz.
Per Goffman il folle è una persona che avendo causato nella società dei guai, spinge qualcuno ad “intraprendere un’azione psichiatrica” contro di lui. Ciò porta al ricovero coatto che ha implicita la definizione di malato di mente. Il folle è la vittima, lo psichiatra l’aggressore; il manicomio viene così svelato nella sua logica di essere a favore della società e contro la follia.
I. Szasz, invece, tenta di demolire il concetto stesso di malattia.
Nel 1961 pubblica Il mito della malattia mentale dove sostiene che la malattia mentale è un’invenzione sociale per espropriare uno spazio di libertà, non gradito al potere. La categoria del folle, suddivisa nella complicata nosografia clinica, sarebbe pura finzione e il termine malattia mentale, una metafora.
Nel 1956 Gregory Bateson pubblica Verso un’ecologia della mente dove appare il termine “doppio legame”. Con esso si intende un rapporto nel quale all’individuo coinvolto vengono inviati contemporaneamente messaggi di due tipi, di cui uno nega l’altro senza che egli sia in grado di dare una risposta.
L’ipotesi di Bateson è che in una situazione di doppio legame, la capacità di comunicare diminuisce fino a cessare. La schizofrenia non sarebbe altro, allora, che un disturbo della possibilità di comunicare che sfocia nel delirio e nella dissociazione verbale.
Il freudismo e la fenomenologia, da punti di vista apparentemente diversi, hanno così cercato di distruggere l’identità dello psichiatra, attaccando l’oggetto del suo interesse, la persona malata, intendendola come realtà incurabile e inconoscibile o addirittura come realtà inesistente. È la concezione dell’inconscio originariamente ammalato che ha portato la psichiatria a girare intorno a se stessa senza via di uscita. Riprendere ora la ricerca alla luce delle nuove scoperte sull’inconscio, è uno storico superamento del passato, una separazione che ripropone uno studio del tutto nuovo della psicopatologia.
Nella Rete si possono pescare alici, molto interessante le carpe:
questo testo per esempio, una tavola rotonda nella vostra Lanciano con questi autori no? Loro potrebbero illuminarci sulle logge (non i balconi) della Lanciano sociale, politica, amministrativa. Potrebbero raccontarci gli intrecci tra massoneria e potere iniziatico. Esoterismo.
Lucio Arboretti Giancristofaro
Valerio Ivo Montanaro
Tra Oriente e Occidente
Prefazione di Zuleika Fusco
(Ricerca storica) pag. 86 – euro 12,00
Edizioni Akkuaria
In seguito ad approfonditi studi condotti in ambito storico e iniziatico, gli autori hanno ricostruito un affresco all’interno del quale, attraverso prove e riscontri storici mai rilevati, si dipanano i fili di una “Scienza Sacra” che dall’antichità più remota sino ad oggi, s’è fatta custode e portatrice di un profondo messaggio spirituale in grado di dischiudere all’uomo le porte dell’immortalità.
Lucio Arboretti Giancristofaro
Geologo nel campo della ricerca ed estrazione di idrocarburi. Da tempo si occupa di ricerche su Alchimia, Massoneria, tradizioni iniziatiche ed esoterismo. Membro del Centro Sociologico Italiano di Pescara, ha pubblicato l’articolo “Le stanze di Dzyan” per le edizioni Elysium.
Valerio Ivo Montanaro
Presidente dell’Associazione Ermetico-Filosofica Atanor di Imola (BO) e socio del Club Culturale l’Aquilone di Casalincontrada (CH). Ha pubblicato il saggio “La Bibbia nascosta” con le edizioni Elysium.
Sapete dove è possibile reperire questo testo?
Monique ma ti è sfuggitto il pesce più grosso!!!
13 Luglio Piazza Plebiscito ore 21,00
"Lanciano Esoterica", a cura di Domenico M. del Bello
Domenico Maria del Bello....l'itinerario di visita "Lanciano Esoterica". Quest'anno l'argomento trattato riguarderà la presenza ebraica nella storia della città.
Eh chi per mare va, certi pesci prende.
Comunque di solito un libro è reperibile in una libreria..

chiedevo sul libro perché mi sembra un editore sconosciuto. Quanto meno non conosciutissimo.

Sempre il libreria.. basta chiedere...

Nonostante le tre logge massoniche a Lanciano non c'è l'Opus Dei.
Monique
se non dovessi trovarlo in libreria, coe ti ha suggerito il buon bruce, lo puoi sempre ordinare su internet book shop
TRA ORIENTE E OCCIDENTE
E' un libro un po' vecchiotto oramai ma ha sempre il suo fascino.
Grazie per il tuo interesse cmq.
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