In fondo ci doveva essere sicuramente qualche ragione che rendeva così ambita per i frati la chiesa di S. Legonziano, pur privata di sede parrocchiale e spogliata di ogni possedimento. Il motivo non poteva essere che uno: quella chiesa era il luogo del Miracolo Eucaristico, di cui conservava gelosamente le Reliquie. Queste erano stimatissime, sia per la ininterrotta devozione popolare, sia per il culto eccezionale che i minori, in obbedienza al Serafico Padre, tributavano all’Eucarestia. Egli aveva raccomandato ai suoi figli: "Venerino sopra ogni cosa il santissimo Corpo e Sangue del S. N.G.C. I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari e tutto ciò che riguarda il sacrificio devono essere preziosi. E se il santissimo Corpo del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia custodito".(13)
In Lanciano, quindi, ciascuno dei contendenti, forte delle proprie ragioni, si batteva doverosamente per tutelare i propri interessi: economici, il clero; di religiosa stima per le Reliquie del Miracolo Eucaristico, i frati. Questa interpretazione è scaturita dalla Bolla di papa Alessandro IV, spedita dal Laterano il 7 marzo 1257 ad Alessandro di Capua, vescovo eletto di Chieti ed al Capitolo teatino. In essa il Papa esprimeva meraviglia e dolore per il pessimo trattamento riservato ai frati minori di Lanciano e comminava la scomunica ai destinatari se non avessero desistito dall’ingiuriarli e molestarli. é scritto testualmente: "Questi non vogliono la parrocchia" in S. Legonziano e perciò avevano rinunciato liberamente anche ai possedimenti annessi, affinché fossero trasferiti, parrocchia e relativi beni, "ad altra chiesa esistente o da costruirsi, ma senza pesi per i Frati", perché di fatto la chiesa di S. Legonziano rimaneva a loro che "l’avevano ottenuta per concessione della Sede Apostolica".(14)
Era quindi ufficialmente riconosciuto dal Papa che i frati non avevano interesse alcuno alla parrocchia o ai benefici pertinenti, ma tenevano molto alla irrinunciabile nuda chiesa di S. Legonziano. Questa stima non venale, anzi, controproducente economicamente, si fondava infatti su altra base di incommensurabile valore per i frati: le Reliquie del Miracolo Eucaristico. Ancora, il 31 maggio 1257, con una seconda Bolla indirizzata al Ministro Generale e ai frati di Lanciano, informato che, in occasione della concessione della chiesa di S. Legonziano, i minori erano stati scomunicati dal vescovo, il Pontefice, dichiarava priva di efficacia quella scomunica affibbiata ai Frati, ai loro benefattori e frequentatori della chiesa di S. Legonziano; anzi, bollava i preti di Lanciano come "invidiosi delle pie opere dei Frati". Il Papa esortava i minori a non aver alcun timore, poiché sia il Santo Padre, sia il cardinale Ottaviano Ubaldini, Legato Pontificio nel Regno di Sicilia, li avevano assolti e fin da ora dichiarava non valide eventuali altre sentenze di condanna.(15)
Il giorno successivo, infine, cioè il 1° giugno 1257, il Papa spediva un Breve, il cui originale è conservato nella Curia Arcivescovile di Chieti (16), indirizzato a B. Abate (Arciprete) di Lanciano, per informarlo di aver voluto provvedere alla quiete e alla pace dei frati, esimendoli dalla giurisdizione del vescovo di Chieti; mosso "da paterna sollecitudine", decretava che si dovessero ritenere nulle ed inefficaci le censure pronunziate contro i frati dal vescovo o suoi vicari o officiali; inoltre, faceva obbligo al predetto abate di pubblicare queste decisioni papali "in tutti quei luoghi dove vorranno i Frati". Questa ferma determinazione papale è senz’altro alla base del fatto che ancor oggi la custodia delle Reliquie è affidata ai Frati Minori Conventuali. La bega incresciosa, intanto, non aveva impedito di portare a compimento la chiesa di S. Francesco "superiore e contigua" a quella di S. Legonziano, tanto che il Gavini ha potuto scrivere: "pure dall’esame stilistico non si tarda a comprendere questa tra le prime chiese conventuali sorte in Abruzzo, circa la metà del XIII secolo" (17), con una facciata e portale che sono "il magnifico esempio dell’architettura semplice e solenne di derivazione francese borgognone"(18).
(13) FONTI FRANCESCANE, cit., p. 170.
(14) Cfr. la nota n. 12.
(15) G.SBARAGLIA, BULLARIUM FRANCISCANUM, II, pp.221-222, n.333.
(16) A.BALDUCCI, Op.cit., p. 15, n. 34; G.SBARAGLIA, Ivi, p. 222, n.334
(17) L.G.GAVINI, STORIA DELL’ARCHITETTURA IN ABRUZZO, Bestetti e Tumminelli, Milano-Roma s.a., p. 419.
(18) M.MORETTI, ARCHITETTURA MEDIOEVALE IN ABRUZZO, I, De Luca Ed., Roma s.a., p. 440.
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