Il monachesimo occidentale, cui S Benedetto aveva dato una Regola ed apportato la stabilita dei monaci, fu favorito sia dalla conversione dei Longobardi alla fede cattolica, a cominciare dalla fine del secolo VI, sia dalle grandi fondazioni dei secoli successivi. Anche nella vicina Fossacesia, sul Promontorio di Venere, "chiesa e convento furono fondati in epoca non precisabile, ma probabilmente non più tardi del sec. VII.... Importanti lavori sono documentati nel 1015".(23) Qualcosa di più dice il Bindi nel riportare che, a metà del sec. VIII, in un placito tenuto a Chieti, si elenca una "massam de Ecclesia S. Johannis Baptistae, quae est in Venere".(24)
Il Kehr, però, afferma che il monastero "è stato fondato nell’anno 973 da Trasmondo, Conte di Chieti, figlio del Marchese Trasmondo, poco lontano dal mare, dove sbocca il Sangro".(25) In seguito alle ripetute incursioni dei Normanni, gli Attonidi del contado di Chieti favorirono la fortificazione del Monastero di S. Giovanni. Ma ciò risultò vano nel 1076, quando Roberto di Loritello, avendo preso prigioniero il Conte Trasmondo III, per liberarlo, pretese in cambio tutto il territorio dei Frentani, compreso Lanciano. E’ certo che, dopo il secolo X, le ancor modeste proprietà del monastero di S. Giovanni si estesero notevolmente a motivo delle proverbiali paure dell’anno Mille, che indussero molte coscienze, tormentate dai rimorsi, a farsi perdonare i peccati con donazioni terriere ai poveri ed alle chiese. Ecco perché moltissime proprietà, inclusa la chiesa di S. Legonziano in Lanciano col terreno adiacente, tra il secolo X e il XII, passarono all’abbazia di S. Giovanni in Venere. L’Antinori, per esclusione, ritiene che dopo il 1047 sia avvenuto il passaggio di detta chiesa dai monaci "basiliani" a quelli benedettini, perché, nel Diploma di Enrico III, spedito nel 1047, erano elencate tutte le chiese dei benedettini dipendenti da S. Giovanni in Venere, ma non era menzionata quella di S. Legonziano.(26)
Un secolo più tardi, invece, il papa Alessandro III (1159-81) da Anagni, con Breve del 16 giugno 1176, confermava a Odorisio, abate di S. Giovanni in Venere, tutti i possedimenti e le chiese, ivi compresa quella dei SS. Martiri Legonziano e Domiziano in "curte Ateana" con i mille moggia di terreno circostante (27); pochi anni dopo, il 10 marzo 1195, il sovrano Enrico VI (1190-97), ugualmente riconosceva all’Abbazia di S. Giovanni in Venere il godimento dei diritti e dei beni situati nel territorio di Chieti, tra cui Rocca S. Giovanni, Fossacesia e S. Longino (cioè S. Legonziano) di Lanciano.(28)
A ridurre notevolmente l’arco dei 130 anni intercorrenti tra il primo documento del 1047 ed il secondo 1176, intervennero, come già detto, le conquiste dei Normanni che posero fine alla dominazione bizantina nel 1071 con l’occupazione di Bari e nel 1076 con quella di Lanciano, dopo l’espugnazione del fortificato monastero di S. Giovanni in Venere. Ebbene, la vicinanza del fiorente monastero di S. Giovanni in Venere, proprio in coincidenza col tramonto della presenza bizantina nella nostra zona, deve aver favorito la nuova situazione creatasi a Lanciano: scomparsa dei monaci "basiliani" ed arrivo di quelli benedettini in S. Legonziano tra il 1047 ed il 1076. Col passar degli anni, poiché in Lancianovecchia vi erano costituite cinque piccole parrocchie, senza possibilità di crescita demografica a motivo della angusta topografia ma idonea alla difesa, è stato giocoforza per la chiesa di S. Legonziano avere la cura spirituale della popolazione che andava insediandosi negli ampi spazi disponibili fuori le mura, verso il Colle Pietroso. Siccome ai benedettini, andati via da Lanciano, come sarà presto detto, subentrò l’arciprete della città, bisogna dedurre che, almeno dal 1229, la chiesa di S. Legonziano è stata elevata a chiesa parrocchiale.
Ritornando all’abbazia di S. Giovanni in Venere, sappiamo che i primi tempi di vita monastica benedettina trascorsero in fervore di spirito e di opere, con abbellimento del monastero e della chiesa e con tale accrescimento di proprietà che "verso la metà del sec. XII il monastero possedeva molteplici feudi ed era considerato tra i maggiori feudatari del Regno" (29) di Federico II (1215-50). Effettivamente poco prima della morte dell’abate Odorisio, il papa Innocenzo III (1198-1216), nell’ottobre 1204, ribadiva con Bolla i possedimenti elencati in quella citata di Alessandro III del 1176; ma, morto l’abate Odorisio, dal 1204 al 1225, il monastero di S. Giovanni in Venere visse un periodo molto triste, a causa dell’indegno successore di Odorisio, cioè l’abate Oddone, "oltremodo rapace e sfacciatamente nepotista: quasi tutti i monaci, disgustati, abbandonano il convento".(30)
Forse troppo tardivamente intervenne il Papa a deporre l’abate contestato. Ad arrestare il decadimento dell’abbazia e la perdita delle sue dipendenze, tra cui S. Legonziano di Lanciano, non fu sufficiente il buon governo degli esemplari abati susseguenti Rainaldo, Guglielmo, Giordano e Roffredo, tanto che, nel 1290, le condizioni economiche del monastero divennero pessime; infatti, "l’Abbazia venne spogliata di molti beni; il Monastero da ricchissimo, diventò talmente povero, che non potendo pagare le decime al Papa, Bernardo, vescovo di Preneste, lo interdisse".(31)
(24) V.BINDI, MONUMENTI STORICI ED ARTISTICI DEGLI ABRUZZI, Ed. Giannini e Figli, Napoli 1889, p. 369.
(25) P.F.KEHR, REGESTA PONTIFICUM ROMANORUM, IV, apud Weimannos, Berolini 1909, pp. 278-279; cfr. F.CARABBA, Op. cit., p.47; L.PELLEGRINI, Op.cit., pp.260-261.
(26) L.A.ANTINORI, ANTICHITË STORICO-CRITICHE, SACRE E PROFANE NELLA REGIONE DEI FRENTANI, Tomi 4, editi da D.Romanelli, Napoli 1790, p. 338.
(27) BULLARIUM ROMANUM, II, Ed. Seb.Franco et Henr. Dalmazzo, Torino 1865, p. 792.
(28) A.DI MEO, ANNALI CRITICO-DIPLOMATICI DEL REGNO DI NAPOLI, Tomo XI, Napoli 1810, p. 93.
(29) D.PRIORI, BADIE E CONVENTI BENEDETTINI D’ABRUZZO E MOLISE, Carabba, Lanciano 1976, p. 123.
(30) Ibidem, p. 137, n. 2: "Questa notizia trova conferma nella Relazione fatta dal Padre Caballini nell’anno 1753, sullo stato della Badia. Si legge in essa (fol. 2) che Onorio III nel 1218 sped" un Monitorio contro l’Abate". Cfr. GIO F. CABALLINI, RELAZIONE SULLO STATO DELL’ABBADIA DI S. GIOVANNI IN VENERE A. 1753, MS. sec. XVIII, Roma, Biblioteca Vallicelliana 055.
(31) V.BINDI, Op.cit., pp. 380-381.
|